Indice degli articoli di questa serie:
- Il
terzo precetto
- Come lo facevano gli antichi
- Il matrimonio nel
buddhismo
- Il matrimonio
omosessuale
- Il celibato
- La prostituzione
- L'omosessualità
- La
pornografia
- La
masturbazione
- Il
controllo delle nascite
Traduzione di Alessandro Selli
dell'originale sito in: http://sdhammika.blogspot.com/2008/08/third-precept.html
Tradotto ad agosto 2008
Ultima revisione: 30 agosto 2008
Il sesso nel buddhismo I
Martedì 12 agosto 2008
Il terzo precetto
Il comportamento sessuale (kama
o methuna) è una
qualsiasi
azione motivata dal desiderio erotico solitamente coinvolgente la
regione genitale. Questo
include tutte le forme di coito, sesso bacinale, masturbazione,
palpeggiamento sessuale e forse anche il voyeurismo. Il terzo dei
cinque precetti, i principi base dell'etica buddhista, dice che si
dovrebbe evitare l'erronea condotta
sessuale (kamesu micchacara).
Che cosa rende un comportamento (cara)
sessuale
(kama) erroneo (miccha)?
Una volta, mentre pronunciava un suo insegnamento ad una platea
di brahmani, il Buddha disse che una relazione sessuale con (1) ragazze
sotto la custodia dei loro genitori
(maturakkhita, piturakkhita), ossia minorenni; (2)
protette dal
Dhamma (dhammarakkhita),
monache o quante abbiano fatto voto di
celibato;
(3) sposate [con altri, NdT] (sassamika); (4)
sottoposte a punizione,
(saparidanda), ossia
incarcerate; oppure quelle (5) ornate di ghirlande
(malagunaparikkhitta), ossia
promesse in sposa, sarebbe sbagliato
(A.V,264). Siccome questo discorso era indirizzato a degli
uomini, il Buddha parlò
solamente di compagne di sesso femminile. Avesse tenuto il
discorso a delle donne avrebbe naturalmente parlato degli omologhi
maschi.
Un bambino è improbabile che abbia la maturità o
l'esperienza di
prendere
una decisione informata riguardo il sesso, mentre fare sesso con
[persone che rientrano nei casi] 2, 3 e 5
causerebbe la rottura da parte loro di un voto solenne oppure di una
promessa, ossia il mentire [quarto
precetto, NdT]. Una persona
incarcerata potrebbe essere costretta a fare cose che non vorrebbe
veramente fare e quindi non può compiere una scelta veramente
libera. È
chiaro da ciò che il sesso che implica sfruttamento,
disonestà o
coercizione o che per qualsiasi ragione non sia consensuale sarebbe
un'infrazione del terzo precetto. Per quanto non qui dichiarato,
anche l'uso o la minaccia della forza fisica (ossia lo stupro) per
obbligare qualcuno a fare sesso, come pure
avere una relazione sessuale con una persona sotto l'influsso di
sostanze intossicanti oppure mentalmente incapace sarebbe qualificato
come un'erronea condotta sessuale. Dal punto di vista buddhista
quindi il sesso prematrimoniale o compiuto durante le mestruazioni
(proibito nell'induismo e nell'islam), la masturbazione,
l'omosessualità, [il sesso] con una persona
di bassa casta (proibito nell'induismo) o l'ingordigia sessuale,
mentre potrebbe forse essere ritenuto sconsigliabile, socialmente
inaccettabile o non conducente alla maturazione spirituale, non
costituirebbe di per se una rottura del terzo precetto.
Come in molte società il sesso nell'India antica era circondato
da
numerose
superstizioni, restrizioni e tabù. I brahmani credevano
che avere
una relazione sessuale con la propria moglie quando questa era incinta
avrebbe reso il feto impuro (atimilhaja),
o che il farlo quando allattava avrebbe reso impuro il suo
latte e quindi il bambino (asucipatipita).
Insegnavano che il sesso era corretto solo per riprodursi e non per il
piacere (kama), per
sport (dava) o per provare la
delizia dei sensi (rati).
Credevano anche che fosse
sbagliato che una coppia facesse sesso durante le mestruazioni della
donna (utuni). Il Buddha
elogiò i brahmani che seguivano tali regole ma non perché
fosse
d'accordo con queste regole, ma perché si dimostravano coerenti
con
quello che predicavano (A.II,226). Non ci sono esempi in cui
abbia aderito a qualsiasi superstizione sessuale o in cui ne abbia
insegnate ai suoi
discepoli. Un'altra credenza molto diffusa era che abbandonarsi a
troppa pratica sessuale avrebbe causato la tosse (kasa), l'asma (sasa), dolori articolari (daram) e
mancanza di giudizio (balaym,
Ja,VI,295).
Mentre accettava che il sesso fosse una parte normale della vita
dei laici, il
Buddha
in genere ne aveva una cattiva opinione. Lo respingeva come una
cosa "da villici" (gama dhamma,
D.I,4); cioè comune, banale e mondana. Nella sua visione
un maggiore desiderio per il piacere sensuale
(kamacchanda) causa
irrequietezza fisica e psichica e questo stato devia la propria
attenzione dalle aspirazioni spirituali e costituisce un impedimento
alla
meditazione. Incoraggiava i suoi discepoli [laici, NdT] più seri a
porre dei limiti al loro comportamento
sessuale o a darsi al celibato (brahmacariya).
Per i monaci e le monache, naturalmente, il celibato era
necessario. Tuttavia l'esperienza insegna che prendere il voto di
celibato quando uno non è pronto può essere di tutto
tranne che d'aiuto. La lotta e la negazione continua contro il
desiderio sessuale possono creare più problemi di quanti ne
risolvano e infatti possono persino essere
psicologicamente dannosi.
Inviato da
Shravasti Dhammika
alle 12:07 mattutine
I diritti d'autore sono detenuti dall'Autore dell'originale.
I diritti della traduzione in italiano sono del traduttore.
La traduzione italiana è coperta, ove compatibile con la licenza dell'originale,
dalla licenza Creative Commons versione 3.0 Attribuzione - Non commerciale - Condivisibile alle stesse condizioni
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