Traduzione di Alessandro Selli dell'originale sito in: http://sdhammika.blogspot.com/2008/07/vegetarianism-v.html
Tradotto ad agosto 2008
Ultima revisione: 26 gennaio 2009

Il vegetarianismo V

Sabato 5 luglio 2008

La carne nelle tradizioni buddhiste

  Vorrei ora esaminare i diversi atteggiamenti buddhisti nei confronti del vegetarianismo.   Il quadro semplicista, gli hinayana (theravada) mangiano carne e i mahayana no, non ha riscontro nella realtà.  Sebbene la dottrina theravada non condanni il mangiare carne il vegetarianismo è diffuso nello Sri Lanka (per quanto ciò sia probabilmente dovuto più all'influenza dello hinduismo che del buddhismo), ma è raro in Birmania, Thailandia, Laos e Cambogia.  Alcuni testi mahayana propugnano il vegetarianismo, ma non tutti, e tutti i monaci e le monache e i laici più devoti cinesi e coreani sono strettamente vegetariani.  I testi vajrayana non propugnano l'astensione dalla carne, infatti alcuni specificamente l'approvano e addirittura la incoraggiano.  Il vegetarianismo è raro in Bhutan, Tibet, Mongolia e anche in Giappone.

  Ci sono due giustificazioni theravada in favore del mangiare carne.  Abbiamo già trattato la tesi del "non ho visto, né sentito né sospettato che l'animale sia stato ucciso per me e quindi non mi si può mettere ai ceppi".  L'altro segue questa linea di pensiero: "i monaci ricevono quello di cui hanno bisogno mendicando e devono mangiare qualsiasi cosa ricevano senza selezionare e scegliere".  Come molte cose nel theravada, questa spiegazione della teoria ha poca somiglianza con la realtà.  La realtà è, e probabilmente sto per rivelare un segreto del mestiere, che i monaci quasi sempre ricevono esattamente quello che vogliono.  Quando il monaco medio vuole qualche cosa semplicemente se lo compra oppure dice ai suoi sostenitori: "Mi serve questo e quest'altro".  I monaci più scrupolosi faranno ricorso ad accenni, ad espressioni leggermente modificate oppure a discorsi indiretti.  In ogni modo, i laici saranno più che contenti di procurare ai monaci qualsiasi cosa di cui abbiano bisogno come pure la maggior parte delle cose che desiderano, e se un monaco volesse seguire un'alimentazione vegetariana lo potrebbe fare senza alcuna difficoltà.  I theravadin tradizionalmente non fanno uso del terzo punto di cui nel mio articolo "Vegetarianismo I" (provare e comportarsi con gentilezza nei confronti degli esseri viventi fa parte del primo precetto) perché il theravada non insegna che una premura efficace nei confronti degli altri abbia un valore spirituale significativo.  Analogamente i punti 2, 4 e 5 (cercare di influenzare e di incoraggiare gli altri perché non offendano o uccidano esseri viventi ed essere gentili nei loro confronti è un atteggiamento coerente con il primo precetto.  Non uccidere o danneggiare esseri viventi ed essere gentili nei loro confronti è parte integrale di tutto il Dhamma, non solo del primo precetto.  Il consumo di carne è causalmente[*] collegato con il danno o l'uccisione di esseri viventi e quindi all'infrazione del primo precetto) non sono inclusi nella trattazione theravada del dibattito tra il mangiare carne e il vegetarianismo perché la loro interpretazione pedante e letterale del Dhamma implica che questi punti non siano da prendere in considerazione.  Allora, per quanto riguarda il mangiare carne, il theravada non è ipocrita, è solamente di strette vedute ed egoista.

  Il vajrayana (userò il termine buddhismo tibetano d'ora in poi) è un'altra faccenda.  La maggior parte dei buddhisti tibetani, ossia Buddha viventi, manifestazioni di Manjusri, rimpoche e tulku inclusi, non solo mangiano carne, ma ne consumano con entusiasmo.  Ora, quando leggo opere di buddhismo tibetano trovo che si cita sempre da qualche parte il tema della compassione; così infatti dovrebbe essere.  Come per sottolineare il suo ruolo centrale nel vajrayana è spesso indicato non solo come compassione, ma come maha karuna [la Grande Compassione, NdT].  Molti commentari del Bodhicariyavatara si soffermano con emotività strappalacrime sull'aspirazione di Santideva a rinunciare alla propria vita per gli altri.  La pratica del paratma parivartana, "scambiare se stessi con gli altri" è un elemento importante nel contesto delle pratiche di tutte le scuole del buddhismo tibetano.  Non elaborerò oltre il punto perché penso che possiate capire a cosa ciò porti.  Non c'è una grave contraddizione tra l'enfasi forte e persistente del buddhismo tibetano sulla compassione e il fatto che mangiano carne?  Io penso che ci sia.  E così il buddhismo tibetano potrebbe non essere di strette vedute, ma certamente è ipocrita e incoerente riguardo questo punto.

  Alcuni anni fa stavo a Bodh Gaya e il Dalai Lama doveva arrivare pochi giorni dopo per impartire alcuni insegnamenti e la città si stava riempiendo di tibetani.  Un mio amico ed io decidemmo di andare fuori città per quel periodo.  Mentre stavamo andando in macchina a Gaya trovammo la strada bloccata da una mandria di un centinaio circa tra bufali e capre condotta da diversi mandriani.  L'autista, suonando il clacson, insinuò lentamente la macchina tra gli animali e, quando si trovò vicino ad uno dei mandriani, gli domandò dove stesse andando con un tale numero di animali.  "A Bodh Gaya.  Sono per i lama" rispose.  Vien da pensare che il minimo che possano fare sia di astenersi dal mangiare carne mentre si trovano in un tale luogo sacro a ricevere insegnamenti che quasi certamente includono appelli ad avere maha karuna per tutti gli esseri.

  Correlato a tutto ciò è un'ipocrisia piuttosto sfacciata che prevale e invero si protrae ancora in quasi tutti i paesi buddhisti.  I macellai, i conciatori, i cacciatori, i pescatori e gli uccellatori nei paesi buddhisti procurano alla comunità vari prodotti animali oltre alla carne, ma sono marginalizzati per questo.  I pescatori della costa nello Sri Lanka erano evitati dalla maggioranza e nessun monaco esercitava le sue funzioni presso di loro.  Di conseguenza queste persone furono facilmente convertite al cattolicesimo quando arrivarono i portoghesi.  È interessante notare che i soldati, il cui mestiere è di uccidere esseri umani, non siamo mai stati ostracizzati in un tale modo.  In Giappone i Buraku erano e ancora sono trattati come dei fuori casta perché macellavano e facevano altri lavori "sporchi".  In Tibet un gruppo di persone (non so come fossero chiamati.  Qualcuno può aiutarmi?) erano similmente disprezzati perché si guadagnavano da vivere come macellai e conciatori ed erano relegati alle periferie delle città.  Accetterò di essere corretto su questo punto, ma credo che non fossero neanche ammessi nei templi.  È interessante sapere che i zatteranti erano analogamente disprezzati perché i loro strumenti erano fatti di pelle.  Heinrich Harrer ha espresso alcuni commenti interessanti su come la gerarchia monastica rendeva la vita difficile a questa gente mentre beneficiava dei loro servizi.  I pii birmani non macellerebbero mai un animale di grandi dimensioni (una mucca o un bufalo), ma pensano che uccidere animali piccoli come pesci, anatre o galline vada bene, o che crei solo una piccola quantità di kamma negativo.  Permettono ai musulmani di procurargli la carne di manzo o di montone e li disprezzano perché lo fanno.

  E allora, si direbbe che il mangiare carne sia una faccenda con cui tutte le scuole buddhiste devono ancora fare i conti in un modo intelligente, coerente e compassionevole.

  Domani sarà la volta della mia propria strada verso il vegetarianismo.

Inviato da Shravasti Dhammika alle 1:24 AM

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*) L'Autore scrive "casualmente", ma direi ovvio un errore di battitura da parte sua. Torna su

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