Traduzione di Alessandro Selli dell'originale sito in: http://sdhammika.blogspot.com/2008/07/vegetarianism-vi.html
Tradotto ad agosto 2008
Ultima revisione: 26 gennaio 2008

Il vegetarianismo VI

Domenica 6 luglio 2008

Come sono diventato vegetariano

  Era un sabato mattina e stavo a Phnom Penh a camminare per il mercato centrale alla ricerca di frutta da comprare.  Senza neanche cercarlo mi trovai nel settore della carne.  Anche un cieco avrebbe capito che si trovava in tale settore.  Il fetore era insopportabile.  Polli con le penne bagnate e un'espressione spenta se ne stavano dentro gabbie minuscole, probabilmente ignari di quello che gli sarebbe presto successo.  Ma le capre sicuramente lo sapevano.  Glielo potevi leggere negli occhi.  Ma non potevano farci nulla e se ne stavano li, le teste basse, rassegnate al loro fato.  Carne appesa sui ganci, coltelli e mannaie sui taglieri e ogni cosa coperta di sangue e mosche.  Camminavo nella speranza di arrivare al settore della frutta e verdura ma pochi minuti dopo mi trovai la strada sbarrata da un enorme cesto deposto nel bel mezzo della corsia.  Il cesto era pieno di polli morti e spennati e un uomo vi era rannicchiato accanto intento a fare qualcosa ai polli con un tubo di gomma, mentre un ragazzo stava sul lato opposto trafficando con quello che sembrava una bombola di gas.  Restai li per un momento nel tentativo di recepire la scena che avevo davanti.  Finché alla fine riuscii a vederci chiaro.  I polli erano appena un po' putridi, con la pelle bianco-giallastra che in alcune zone stava diventando verde o grigia.  L'uomo stava infilando un ago attaccato al tubo di gomma dentro ciascun pollo mentre il ragazzo pompava il cilindro.  In paesi come la Cambogia, quando la merce di un macellaio o di un pescaiolo sta per mollare, gli pompano a volte formalina dentro per nascondere la putrefazione e per farla durare un po' più a lungo.  L'associazione che mi si formò nella mentre tra il cibo, i polli e la formalina, che come probabilmente sapete è usata dai necrofori per conservare i cadaveri umani, mi rivoltò a tal punto che mi voltai per vomitare.  Un uomo dietro uno dei banchi mi vide e fu tanto cortese dall'offrirmi un bicchiere d'acqua perché mi ci potessi sciacquare la bocca.  Quando tornai al tempio mi sentivo ancora un po' nauseato ma non tanto dal non poter mangiare e quando la campana del pranzo suonò andai in sala da pranzo.  Seduto al tavolo con tutti i piatti pronti sopra mi resi immediatamente conto che il piatto del giorno era, come potete indovinare, pollo.  Appena visto ciò il mio stomaco iniziò a sentirsi di nuovo scombussolato e dovetti andarmene di corsa dalla sala.  Questa volta non vomitai, ma il mio appetito se n'era proprio andato.  Nel corso delle settimane successive la mia voglia di carne, di qualsiasi carne, era sparita.  Piano piano tornò, ma quando il ricordo dei polli putridi e iniettati di formalina mi tornava in mente dovevo fare uno sforzo cosciente per reprimerlo o perdevo l'appetito.  Tre mesi dopo, durante un breve viaggio in Australia, un amico srilanchese mi diede alcune cose da portare a suo fratello quando sarei tornato nello Sri Lanka.  Una di queste cose era un libro dal titolo: La liberazione degli animali di Paul Singer.  Non avevo mai sentito nulla di questo libro e il suo titolo non destò in me alcun interesse.  Tornato nello Sri Lanka chiamai il fratello che disse che sarebbe passato il giorno dopo per ritirare le sue cose, ma non si fece vivo per tre mesi.  Il libro e le altre cose rimasero nella mia stanza a ricordarmi silenziosamente quanto siano approssimativi i singalesi per quanto riguarda il mantenere gli appuntamenti, gli impegni, le promesse o praticamente qualsiasi cosa.  Un pomeriggio afoso, mentre me ne stavo a letto piuttosto annoiato e senza nulla da leggere, presi il libro di Singer pensando di sfogliarlo appena.  Quel che a volte succede successe: i brani che ne lessi m'interessarono così tanto che tornai a leggerlo dall'inizio e lo lessi tutto in tre sedute.  Mi aspettavo  prendesse la solita piega dei vegetariani, sapete: chiamare la carne 'cadavere' o 'carne marcia', citare le opinioni di vegetariani famosi che sembrano venuti da un'altro pianeta, lunghe descrizioni su come la carne fermenti nelle viscere e sostenere che la popò dei vegetariani abbia un odore migliore di quella dei mangiatori di carne.  Invece Singer sviluppa la tesi del trattamento gentile nei confronti degli animali, incluso il non mangiarli, in maniera oggettiva, logica e convincente.  E, guarda caso, non ha nulla a che fare con il gruppo estremista per i diritti degli animali Liberazione degli Animali.  Mentre seguivo le sue argomentazioni mi scoprivo obbligato dalla loro logica ad essere d'accordo.  Nel corso della settimana o delle due settimane successive tornai a rileggere alcuni brani del libro fino a decidermi che che chiunque voglia che metta sia un aspetto importante della propria personalità debba seriamente prendere in considerazione l'essere vegetariano.  Come buddhista desidero che metta domini la mia vita e allora ho preso la decisione di astenermi dal mangiare carne.  Da allora ho ridotto il mio consumo di carne di almeno il 95%, con la forza delle abitudini di lunga data, le circostanze o il semplice desiderio di farmi una bistecca succulenta che si aggiudicano il restante 5%.  Quindi, la mia decisione di diventare vegetariano è maturata per effetto di tre cause: una consapevolezza graduale del bisogno di una metta attiva (piuttosto che passiva) in una vita buddhista, l'incidente della repulsione viscerale della carne e quindi i ragionamenti di un filosofo che mi hanno aiutato a vedere implicazioni nelle parole del Buddha che non avevo prima preso in considerazione.  Non posso onestamente dire che sia grato al cambogiano con i sui polli in putrefazione, ma mi sento immensamente grato a Peter Singer.  Il fatto che sia australiano non ha nulla a che fare con la mia gratitudine.

  Concludo questa panoramica sul problema del consumo di carne, del vegetarianismo e del Dhamma con una domanda conclusiva.  Se il vegetarianismo è più coerente con il Dhamma, perché il Buddha non l'ha [esplicitamente] approvato?

Inviato da Shravasti Dhammika alle 1:01 AM


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