Traduzione di Alessandro Selli dell'articolo originale pubblicato in: http://www.buddhistchannel.tv/index.php?id=70,6143,0,0,1,0

Proteste condotte da monaci mostrano l'attivismo buddhista

Di DENIS D. GRAY, AP, 30 marzo 2008

BANGKOK, Thailandia -- Monaci buddhisti che scagliano pietre contro i cinesi in Tibet, oppure che si radunano in massa contro le forze armate del Myanmar, possono suonare come note stridenti.

Vigilia a lume di candela - Taipie
<< Monaci buddhisti tibetani riuniti per una vigilia a lume di candela tenutasi al centro di Taipie, Taiwan, lunedì 17 marzo 2008. Il buddhismo insegna la gentilezza anche nei confronti del più acerrimo nemico e lo ha fatto per più di 2.500 anni.  Tuttavia esplosioni sporadiche di violenza sono diventate sempre più frequenti nelle società buddhiste asiatiche che lottano contro la dominazione straniera e regimi oppressivi. (Foto AP/David Longstreath)

  Queste scene sono contrarie alla filososfia buddhista del rifuggere la politica e dell'accettare anche i nemici più aspri - nozione alla quale la fede ha aderito, con alcune eccezioni tumultuose, nei suoi 2.500 anni di storia.

  Ma l'attivismo politico e le occasionali esplosioni di violenza sono diventate sempre più frequenti nelle società buddhiste asiatiche che lottano contro la dominazione straniera, regimi oppressivi, le ingiustizie sociali e la distruzione dell'ambiente.

  Sempre più monaci e monache escono dai propri monasteri per andare nelle baraccopoli e nelle risaie, e qualche volta nelle strade piene di gas lacrimogeno e colpi di arma da fuoco.

  "Di questi tempi predicare non è abbastanza.  I monaci devono agire per migliorare la società, per eliminare il male" dice Samdhong Rinpoche, primo ministro del governo tibetano in esilio e lama di alto rango.

  "È una responsabilità di ciascun individuo, monaci e laici, di agire per migliorare la società" ha detto alla The Associated Press a Dharmsala, in India, a proposito delle proteste in Tibet di questo mese che sono state lanciate da monaci.

  In ampie manifestazioni di protesta nelle scorse settimane, monaci dalle vesti vermiglie - di cui alcuni che attaccavano soldati protetti da elmetti lanciando pietre - si sono uniti ai cittadini comuni che hanno dispiegato bandiere tibetane chiedendo l'independenza dalla Cina. Il bilancio ufficiale di Beijing delle vittime nella rivoltosa Lhasa è di ventidue persone, ma il governo in esilio del Dalai Lama sostiene che siano stati uccisi 140 tibetani in quella città e nelle comunità tibetane della Cina occidentale.

  Il sangue ha macchiato anche la sollevazione pro-democratica dell'autunno scorso in Myanmar, detta la "Rivoluzione zafferana" dai colori delle vesti dei monaci che hanno condotto proteste nonviolente contro il regime militare oppressivo del paese.

  In Thailandia i seguaci di una setta buddhista [la Santi Asoke, NdT] hanno preso parte a dimostrazioni che hanno portato due anni fa alla cacciata del primo ministro Thaksin Shinawatra.

  Nello Sri Lanka il partito ultra nazionalista Jathika Hela Urumaya, alla guida di monaci, ha insistito per l'uso della forza bruta contro i ribelli tamil del paese.  Nel 1959 un monaco assassinò un primo ministro per una legge che offriva una qualche protezione alla lingua tamil.

  In effetti l'attivismo rivela un'alta faccia della storia del buddhismo.  Nonostante l'aspetto passivo di questa fede, è da molto tempo che esiste una sua vena aggressiva, specialmente nella scuola buddhista Mahayana, praticata in Giappone, Corea, Cina e Tibet.

  I sohei, monaci giapponesi, hanno combattuto aspre battaglie tra di loro e contro clan laici per oltre 600 anni fino a circa il 1600.  Al tempio Shaolin cinese, ancora oggi un centro di arti marziali, è stato permesso di avere monaci guerrieri a partire dal settimo secolo da imperatori che a volte li usavano per reprimere ribellioni e banditismo.

  Il monaco Saya San è diventato un eroe nazionale negli anni '30 in Myanmar - allora Birmania - guidando una rivolta.  I colonialisti britannici lo impiccarono dopo aver impiegato 12.000 soldati per reprimere il suo esercito di contadini.

  L'auto-immolamento del monaco Thich Quang Duc in una strada di Saigon è diventato un'icona della protesta contro la guerra in Vietnam1.

  Prima dell'occupazione del Tibet da parte della Cina nel 1959, i monaci guerrieri a volte avevano più potere - e armi - dell'esercito.  Il monastero Sera di Lhasa, fonte delle recenti proteste, era particolarmente noto per i suoi guerrieri di élite, i "Dob-Dob", che nel 1947 presero parte ad una ribellione che costò 300 vite.

  "Usate i mezzi pacifici quando sono appropriati, ma quando non sono appropriati, non esitate a ripiegare sull'uso della forza" disse il penultimo, ora morto, Dalai Lama quando il Tibet combatté i cinesi negli anni '30.

  Christopher Queen, un esperto di buddhismo alla Harvard University, dice che si sta espandendo una nuova predilezione, tra i circa 350 milioni di fedeli nel mondo, dalla liberazione spirituale individuale all'affrontare direttamente i problemi quali la povertà e la devastazione ambientale che colpiscono intere comunità o nazioni.

  Nello Sri Lanka il Sarvodaya Shramadana, o "Risveglio mondano", procura di tutto, dall'acqua potabile ad alloggi rudimentali, a più di 11.000 villaggi poveri.  E in India gruppi buddhisti stanno lottando per i diritti degli "intoccabili", la casta più bassa2.

  Globali e lascamente affiliati, sorti dal basso piuttosto che a partire dai vertici delle gerarchie religiose, più energici che meditativi, questo movimento è conosciuto come Buddhismo impegnato.

  "I buddhisti impegnati guardano alle cause sociali, economiche e politiche delle disgrazie umane nel mondo e si organizzano per risolverle.  Il ruolo del servizio sociale e dell'attivismo è chiaramente in crescita dappertutto nel mondo buddhista", ha detto Queen in un'intervista.

  Pur non essendo immune dal versare sangue, Queen dice che "la tradizione buddhista è giustamente famosa per l'uso sistematico della nonviolenza." Questo ha portato gli studiosi a dubitare che possa portare al terrorismo o a condurre atti di violenza oltre ad esplosioni occasionali e spontanee.   Fanno notare come il buddhismo né istighi all'uccisione degli eretici, né spinga all'espansione della fede tramite la forza.

  Infatti il Dalai Lama ha condannato i recenti episodi di violenza mentre ha difeso il diritto della gente a protestare pacificamente.  E Samdhong, il primo ministro in esilio, aggiunge: "Se (i monaci) volessero combattere, dovrebbero lasciare l'abito [monastico] prima di unirsi ai combattenti."

____________________
Note del traduttore:

  1. Mi risulta piuttosto, ad esempio su http://www.buddhismtoday.com/english/vietnam/figure/003-htQuangduc.htm, che il monaco si immolò per «protestare la persecuzione religiosa dei buddhisti nel Vietnam del sud ad opera dei cattolici vietnamiti politicamente e militarmente potenti.». ritorno
  2. Sono i fuori casta piuttosto, cui sono negati i diritti della casta più umile.  Per ulteriori informazioni sulla situazione moderna indiana e il sistema delle caste visti dagli occhi di un monaco buddhista attivista, si rimanda all'articolo: "Aiutare chi non ha aiuto". ritorno


< Torna al livello superiore <
<< Torna alla pagina iniziale <<

I diritti d'autore sono detenuti dall'Autore dell'originale.
I diritti della traduzione in italiano sono del traduttore.
La traduzione italiana è coperta, ove compatibile con la licenza dell'originale, dalla licenza Creative Commons versione 3.0 Attribuzione - Non commerciale - Condivisibile alle stesse condizioni
http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/deed.it