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Pubblicato venerdì 29 settembre 2006 da CommonDreams.org
Tradotto da: Alessandro Selli
Leccapiedi e pavidi: così muoiono gli imperi
di Niranjan Ramakrishnan
"Quando il governo inaugura una politica di repressione, gli innocenti non sono al sicuro. Uomini come me non sarebbero più considerati innocenti. L'innocente allora è chi rinnega la politica, chi non partecipa ai movimenti d'opinione del suo tempo, chi si rinchiude in casa, mormora le sue preghiere, paga le tasse e si prostra in salamelecchi davanti a qualsiasi pubblico ufficiale gli si pari davanti. Chi invece interferisce nella politica, chi va in giro a raccogliere fondi per una qualsiasi attività di vita pubblica, chi prende la parola in un dibattito pubblico, costui diventa un sospetto. Io sto sempre al limite e perciò, se non altro per ragioni personali, mi prendo la briga di dire che la detenzione, nelle mani dell'esecutivo, di poteri di una natura così drastica comporterà un danno non solo ai malvagi. Sarà di danno tanto ai buoni quanto ai cattivi e comporterà un tale abbattimento dello spirito di partecipazione pubblica, un tale appiattimento del tono del dibattito politico nel paese che tutte le vostre parole sulle responsabilità di governo suoneranno come una burla [...] È molto meglio che alcuni malfattori scampino la giusta pena che l'onestuomo si senta obbligato per paura della legge a restare chiuso in casa, ad astenersi dalle attività alle quali per sua natura si dedicherebbe e ad astenersi da qualsiasi attività politica o pubblica per causa di una spaventosa legge che vige nella nazione."
Rt. Hon. Srinivasa Sastri, in un discorso all'Imperial Legislative Council in occasione dell'introduzione della legge Rowlatt, 07 febbraio 1919.
Era uno spettacolo desolante, durante la discussione questa settimana della proposta di legge che spazza via l'habeas corpus1 e l'aderenza alla Convenzione di Ginevra, sentire i suoi sostenitori dire che solo quelli che hanno commesso crimini devono preoccuparsi. Ed è un ulteriore testamento al nostro standard di dibattito politico l'altrettanto patetico contraddittorio, che non ci si può fidare del buon giudizio del presidente! Pochi statisti sanno cogliere il problema del dibattito odierno così concisamente com'è stato capace di fare Rt. Hon. Sastri quasi un secolo fa.
Tutto ciò è futile, sotto un altro punto di vista. Questo è l'ultimo scivolone, per quanto enorme, di una lunga lista di sviste che la nostra gente e i nostri politici hanno reso possibile nel corso dell'ultimo decennio, sempre accompagnate dall'esortazione a 'lasciarci la cosa dietro le spalle'.
Siamo partiti con l'intento di rifare l'Iraq ad immagine degli Stati Uniti. E siamo riusciti splendidamente ad ottenere una certa reciproca somiglianza. Oggi non c'è differenza tra lo sparire in Iraq e lo sparire negli Stati Uniti. In un posto potresti essere detenuto in un luogo incognito dalle milizie paramilitari, nell'altro dal governo.
Fino a ieri la differenza era che negli Stati Uniti il governo era obbligato a presentarti davanti a un magistrato, permetterti di avere un avvocato e di permettere che la tua famiglia fosse messa al corrente dei fatti.
Le squadre [paramilitari] del medioriente possono levare milioni di urla di “Morte all'America”, ma è George W. Bush e il congresso che si tiene in tasca che stanno realizzando i loro sogni.
'Na vakeel, na daleel, na appeal' era lo slogan che gli indiani sollevavano contro l'imposizione della Legge Rowlatt nel 1919. Tradotto: "Niente avvocato, niente processo, niente appello".
«La legge Rowlatt fu approvata nel 1919 e prorogava indefinitamente i “provvedimenti d'emergenza” del tempo di guerra per ridurre al controllo le agitazioni sociali e per sradicare le cospirazioni. Questa legge autorizzò effettivamente il governo ad imprigionare senza processo qualunque sospetto di terrorismo che vivesse nel Raj.» (dalla Wikipedia)
Questo destò rabbia in India – e sgomento. Per quanto si potesse trovare sgradito il governo britannico, se ne percepiva tuttavia il merito di aderire strettamente a princípi quali i processi aperti, i diritti del detenuto, il diritto all'appello e al dovuto corso legale, che destavano ammirazione in un paese che in precedenza aveva conosciuto come giustizia soprattutto il capriccio dei prìncipi. La legge Rowlatt squarciò il velo della superiorità morale dall'immagine pubblica del governatorato britannico.
L'opposizione indiana alla legge, espressa da legislatori tanto benintenzionati quanto eloquenti come Sastri, fu ignorata. Lo sdegno del pubblico era vasto ma senza una direzione. Gandhi allora era un volto relativamente nuovo in India, essendo tornato dal Sudafrica meno di quattro anni prima. Le sue attività in Sudafrica e più di recente nel Bihar lo avevano reso piuttosto noto, ma non era ancora in alcun modo una figura di primo piano.
Nonostante si trovasse in un ambiente politico che non gli era familiare e che fosse più giovane di molti altri leader in un paese dove l'età era anche il metro della deferenza, Gandhi aveva due qualità che lo distanziavano dalla maggior parte degli altri leader: l'audacia e la fede. Soltanto lui aveva il coraggio d'indire uno sciopero generale in tutta l'India, come infatti fece. Soltanto lui poteva afferrare il concetto che una legge draconiana era un insulto al paese e che non opporlesi con il più pieno vigore voleva dire tradire un oggetto di fede. Si trovava a Madras nella casa del suo ospite Rajagopalachari (che sarebbe diventato più tardi il primo Governatore Generale indiano) quando, come scrisse nella sua autobiografia, “l'idea mi vi è venuta in mente ieri sera in sogno che dovremmo appellarci al paese perché si osservi un hartal (sciopero) generale”. Il sei aprile, senza alcuna organizzazione formale, in un'era priva di telefoni, fotocopiatrici o computer, la voce di diffuse e l'intero paese si fermò!
Se Gandhi trovava una legge che permetteva l'incarcerazione senza processo da parte di un governo straniero abbastanza aberrante da lanciare uno sciopero generale nazionale, cos'è che sta facendo l'America quando il suo stesso governo approva di tali leggi?
La risposta è: neanche dell'ostruzionismo. Ci sono forse leader politici che organizzino incontri nella pubblica piazza (elettronica o no) per dire alla gente che cosa voglia dire questa legislazione draconiana? Sono troppo occupati a scansare le accuse di essere 'teneri contro il terrorismo'. Come già nel 2002, questo non basterà a salvarli. Tony Snow ha avvertito oggi che le loro dichiarazioni di dubbio espresse nel corso del dibattito potranno e saranno usate contro di loro nella campagna elettorale (prova che per lo meno Miranda2 è ancora viva, dopo essere stata di moda). Costoro sono, nelle parole di Sastri, “leccapiedi e pavidi”.
In seguito all'hartal nel Punjab (dove il tenente governatore avrebbe di lì a poco imposto tali provvedimenti indegni come la “corsia di strisciamento”, dove agli indiani non era permesso di camminare, ma solo andare a carponi), la gente si riunì in un parco ad Amritsar nel giorno di Baisakhi (il giorno di capodanno nel Punjab) il 13 aprile del 1919 per protestare l'arresto di due attivisti. Divenuto famoso nella storia come il Jallianwala Bagh, il giardino era circondato da mura tutt'intorno. Il generale Reginald Dyer, capo dell'esercito del Punjab, disse di voler dare agli indiani una “lezione morale” e fece aprire il fuoco alle sue truppe nello spazio racchiuso, causando la morte di 379 persone (secondo fonti ufficiali).
Il resto, senza giochi di parole, è storia. Dopo la legge Rowlatt e il Jallianwala Bagh gli inglesi persero tutto il primato morale che avevano agli occhi degli indiani. Il grande hartal segnò anche l'inizio dell'era di Gandhi. Nel giro di trent'anni l'impero era finito. Com'è scritto in un libretto sul Jallianwala Bagh: “Se a Plassey furono poste le fondamenta dell'impero, ad Amritsar queste furono demolite”. Nei nostri giorni, dopo aver già sdegnato la legge ed essere stati riprovati dalla Corte Suprema, i nostri imperatori cercano di riscrivere la giurisdizione retroattivamente, con l'assistenza di un congresso privo di coscienza. Il fatto che un uomo, dichiarato malato e nascosto in qualche caverna del Waziristan, abbia causato l'abolizione dell'habeas corpus negli Stati Uniti è un chiaro verdetto su chi stia vincendo la guerra contro il terrorismo.
In India, nel 1976, il primo ministro Indira Gandhi approvò una legge simile, abolendo l'habeas corpus e rendendosi impunibile sia prima che durante il suo mandato (la legge fu abrogata, sigillata e seppellita quando il potere passò nelle mani di un nuovo governo). Ma prima che riuscisse a farlo l'intera opposizione era stata arrestata, la stampa era stata imbavagliata dalla censura e le prigioni erano state riempite di centomila dissenzienti arrestati nel corso di retate notturne. Il parlamento indiano non ha un ostruzionismo. I democratici e i repubblicani che hanno venduto il paese abbandonandolo alla deriva non godono di questa difesa, al più possono giustificarsi dicendo il loro operato dettato dalla consuetudine.
Dov'è oggi il Martin Luther King che inviti alla disobbedienza civile? Dove sono le folle fuori della Casa Bianca e del congresso? La lotta non è contro l'amministrazione Bush o i suoi scagnozzi negli altri palazzi. L'impero è diretto verso l'abisso. La domanda è: si trascinerà la repubblica appresso? Gandhi ha scritto nel suo Satyagraha in Sudafrica (il cui centesimo anniversario è stato l'undici settembre 2006!) che la gente andava da lui dicendogli: “Siamo pronti a seguirti sulla forca”. Al che rispondeva: “La prigione mi basta”. Se la repubblica dev'essere salvata, quelli che l'amano devono chiedersi a cosa sono disposti a rinunciare per farlo. Per quanto riguarda il resto, Samuel Adams (si, quello della birra) s'era dato questa risposta:
“Se amate la ricchezza più della libertà, la tranquillità del servilismo più delle frementi contese della libertà: andatevene via dal nostro cospetto in pace. Non chiederemo il vostro consiglio o le vostre armi. Accucciatevi a leccare le mani che vi nutrono. Che le vostre catene vi siano leggere e che la posterità possa dimenticare che siete stato nostro concittadino!”.
Niranjan Ramakrishnan può essere contattato a njn_2003@yahoo.com. Il suo blog sta su http://njn-blogogram.blogspot.com. È nato in India e ha vissuto sulla costa occidentale degli Stati uniti per oltre due decenni. I suoi editoriali sono apparsi su diversi giornali indiani e americani, come pure su counterpunch.com, antiwar.com e www.commondreams.org.
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1Habeas corpus: “ci sia il corpo [del reato]”, è un requisito della legge anglosassone che chiunque sia stato accusato e incarcerato per un crimine possa chiedere ed ottenere di comparire davanti ad un giudice che stabilisca la legalità della sua detenzione.
2Il caso Miranda contro lo stato dell'Arizona portò alla decisione che un sospetto criminale deve essere informato dei suoi diritti all'assistenza di un legale e alla sua facoltà al silenzio prima di poter essere interrogato dalla polizia.