Traduzione di Alessandro Selli dell'articolo originale pubblicato in: http://www.buddhistchannel.tv/index.php?id=44,6798,0,0,1,0
Ultima revisione: 11 agosto 2008

In Giappone il buddhismo potrebbe estinguersi

Di NORIMITSU ONISHI, The New York Times, 14 luglio 2008


OGA, Giappone -- I giapponesi hanno coltivato per molto tempo un'atteggiamento rilassato, da circolo ricreativo nei confronti della religione, scandito dalle campane che segnano la fine dell'anno vecchio nei templi buddhisti per accogliere nello stesso modo l'anno nuovo, alcune ore più tardi, nei santuari scintoisti.  I matrimoni sono celebrati secondo riti scintoisti oppure, con pari facilità, secondo quelli cristiani.

Ryoko Mori << Oga, Giappone del nord: Ryoko Mori, un prete buddhista, fa visita ad una famiglia eseguendo un rito per l'anniversario della morte di un antenato. - Ko Sasaki per il New York Times

  Quando si tratta di funerali, tuttavia, i Giapponesi sono stati tradizionalmente inflessibilmente buddhisti, tanto che il buddhismo in Giappone è spesso detto "buddhismo funerale" a proposito del quasi monopolio che questa religione deteneva sulle cerimonie elaborate e lucrative che si tengono nelle circostanze funebri.

  Ma quest'espressione descrive anche una religione che, mostrandosi più attenta ai bisogni dei morti che a quelli dei vivi, sta perdendo il suo prestigio nella società giapponese.

  "Questa è l'immagine che dà di sé il buddhismo funerale: che non viene incontro ai bisogni spirituali della gente" dice Ryoko Mori, il primo prete del tempio settecentenario Zuikoji nel Giappone del nord.  "Nell'islam o nel cristianesimo si tengono sermoni sulle faccende spirituali.  Ma in Giappone oggigiorno molti pochi preti buddhisti lo fanno."

  Il sig. Mori, di 48 anni, 21° primo prete del tempio, non è sicuro che [il tempio] possa sopravvivere fino all'investitura del 22°.

  "Se il buddhismo giapponese non si da una mossa ora, scomparirà" dice.  "Non possiamo permetterci il lusso di aspettare.  Dobbiamo fare qualcosa."

  In tutto il Giappone il buddhismo deve far fronte ad una ridda di problemi, alcuni che ha in comune con le religioni di altre nazioni ricche, altri che affliggono unicamente la fede di questo stato.

  L'assenza di una successione al ruolo di primo prete sta mettendo a rischio i templi a conduzione familiare in tutta la nazione.

  Mentre l'interesse nel buddhismo è in declino nelle aree urbane, lo zoccolo duro della religione nelle aree rurali si sta spopolando con la morte degli anziani e a causa del basso tasso di natalità.

  Il punto forse più significativo di tutti è che il buddhismo sta perdendo la sua presa dell'industria funebre, a causa del numero crescente di giapponesi che si rivolgono alle agenzie funebri oppure che scelgono proprio di non celebrare alcun funerale.

  Nel corso della prossima generazione ci si aspetta che molti templi di campagna chiudano, portandosi via secoli di storia locale e aggravando lo sconvolgimento demografico già in corso nel Giappone rurale.

  Qui in Oga, su una penisola dallo stesso nome che si affaccia sul Mar del Giappone nella prefettura di Akita, i preti buddhisti contemplano le fredde statistiche che descrivono la popolazione e l'industria locale della pesca in declino.

  "Non è un'esagerazione dire che la popolazione è circa la metà di quello che era al culmine e che tutte le attività economiche pure si sono ridotte della metà" dice il settantaquattrenne Giju Sakamoto, il 91° primo prete del più antico tempio di Akita, il Chorakuji, fondato intorno all'anno 860.  "Data questa realtà, insistere soltanto nel dire che siamo una religione e che abbiamo un lunga storia, la più antica dell'Akita infatti, è come raccontare favole.  Non vuol dire niente.

  "Questa è la ragione perché penso che questo posto sia senza speranza" dice il sig. Sakamoto nel suo tempio, posto sulla sommità di un promontorio sovrastante un villaggio costiero.

  Per sopravvivere il sig. Sakamoto si è impegnato a gestire un'ospizio e un nuovo tempio in un sobborgo in crescita della città di Akita.  Quel tempio, tuttavia, ha raccolto solamente sessanta famiglie come suoi membri dalla sua apertura un paio di anni fa, molte di meno delle trecento ritenute necessarie perché un tempio sia finanziariamente sostenibile.

  Per secoli il tempio buddhista medio, la cui conduzione era tramandata da padre in figlio primogenito, prestava la sua funzione ad una comunità fissa di membri, facendo raramente, se mai ne faceva, del proselitismo.  Con circa trecento famiglie di cui prendersi cura, il primo prete del tempio e sua moglie erano occupati a tempo pieno.

  Non solo il numero dei templi in Giappone è in discesa, a quota 85.994 nel 2006, dagli 86.586 che erano nel 2000 secondo l'Agenzia Giapponese degli Affari Culturali, ma l'affiliazione dei credenti in molti templi si è contratta.

  "Dobbiamo trovare altri lavori perché il tempio da solo non basta" dice la settantatreenne Kyo Kon, moglie del primo prete del Kogakuin, un tempio locale con 170 affiliati.  Una volta lavorava al centro di assistenza sanitaria mentre suo marito era impiegato presso un ufficio di progettazione edilizia locale.

  Non molto lontano da Doshoji, un tempio i cui affiliati sono diminuiti a 85 famiglie di anziani, il primo prete, il cinquantanovenne Jokan Takahashi, è alle prese con un problema che ha in comune con la maggior parte delle piccole imprese a conduzione familiare giapponesi: la ricerca di un successore.

  Il figlio primogenito aveva intrapreso il corso di studi per poter diventare un prete buddhista, ma il sig. Takahashi è incerto se chiedergli di assumere la conduzione del tempio.

  "Mio figlio è cresciuto senza conoscere altro oltre il mondo di questo tempio, e mi ha detto di non sentirsi libero" dice, aggiungendo che suo figlio, adesso ventottenne, sta lavorando presso una ditta di una città vicina.  "Mi ha chiesto di lasciarlo libero finché io avrei potuto lavorare, dicendomi che sarebbe tornato per prendere il mio posto entro il suo trentacinquesimo compleanno.

  "Ma pensando al futuro, insistere perché un ragazzo rilevi la gestione di un tempio come questo potrebbe essere crudele" dice il sig. Takahashi dopo aver fatto da guida agli ospiti del tempio, di cui ne ha mostrato la sala principale e una sala interna con mobili di legno simili ad armadietti in cui, si dice, sono custoditi gli spiriti degli antenati dei suoi membri.

  Recentemente una mattina il sig. Mori, il prete di un tempio di 700 anni, ha iniziato la giornata facendo visita ad una famiglia di coltivatori di riso che celebravano il 33° anniversario della morte del nonno.  Inchinandosi di fronte all'altare della casa, il sig. Mori ha recitato preghiere e ha cantato sutra.  Più tardi ha ripetuto gli stessi riti presso un'altra famiglia che commemorava il settimo anniversario della morte di uno dei nonni.

  Sempre più giapponesi, specialmente quelli delle aree urbane, abbandonano queste tradizioni.  Molti non appartenono più ad alcun tempio e si rivolgono invece alle agenzie funebri quando qualche loro parente muore.  Le agenzie funebri hanno i loro preti buddhisti per i funerali.  Secondo una ricerca del 2007 dell'Associazione Giapponese dei Consumatori, il costo medio di un funerale, escluso il lotto al cimitero, era di $21.500, dei quali $5.100 per le funzioni esercitate dal prete buddhista.

  Appena nella metà degli anni '80 quasi tutti i giapponesi celebravano i funerali nella loro casa oppure nei templi, con il prete buddhista locale che ricopriva un ruolo di primo piano.

  Ma la migrazione verso le agenzie funebri ha subito una forte accelerazione nell'ultimo decennio.  Nel 1999 il 62 percento celebrava ancora il rito funebre a casa o nei templi, mentre il 30 percento aveva scelto le agenzie funebri secondo l'Associazione dei Consumatori.  Ma nel 2007 le percentuali si erano rovesciate, con il 28 percento che sceglieva di tenere il funerale a casa o nei templi e il 61 percento che optava per le agenzie funebri.

  In più un numero sempre maggiore di giapponesi decide di far cremare i propri cari senza alcun funerale, come dice Noriyuki Ueda, un antropologo dell'Istituto di Tecnologia di Tokyo e un esperto di buddhismo.

  "A causa di ciò i preti buddhisti e i templi non avranno più a che fare con i funerali" dice il sig. Ueda.

  Dice che il buddhismo giapponese ha perso la sua linfa spirituale in gran parte per il suo essersi compromesso durante la seconda guerra mondiale a causa dei suoi stretti legami con l'apparato militare.  Dopo che i preti buddhisti avevano glorificato i soldati caduti e che gli avevano conferito postumamente nomi buddhisti speciali, i discorsi sul pacifismo risuonavano vuoti.

  Il sig. Mori, il prete del luogo, dice che dopo la guerra c'era un desiderio di funerali sempre più sfarzosi con nomi buddhisti di prestigio.  Questi nomi, dei quali quelli di più alto rango erano tradizionalmente dati a persone che avevano condotto vite onorevoli, adesso sono normalmente acquistati, a prescindere dalla condotta in vita della persona deceduta.

  "Ai soldati, che avevano dato la vita per la nazione, si davano nomi buddhisti postumi speciali, e così tutti ne volevano uno del genere, e i prezzi erano saliti vertiginosamente" dice il sig. Mori.  "Tutti stavano diventando più ricchi, e allora tutti ne volevano uno.

  "Ma questo ci ha procurato una cattiva reputazione" dice, aggiungendo che il prezzo del nome più prestigioso in Akita valeva circa $3.000, per quanto questo fosse una piccola frazione del prezzo praticato a Tokyo.

  Invero questa reputazione si è rafforzata per come è stato condotto il giro d'affari che circonda i funerali e le cerimonie per i loro anniversari.  Le tariffe non sono dichiarate e sono a discrezione della famiglia del defunto, e i parenti del defunto in genere avvertono una pressione silenziosa perché siano quanto più generosi possibile.  Il denaro è consegnato in busta e non si rilasciano ricevute.  I templi, grazie al loro status di organizzazioni religiose, non pagano tasse.

  È stato in parte per disperdere questa cattiva reputazione che il quarantunenne Kazuma Hayashi, un prete buddhista senza un suo proprio tempio, dice di aver fondato una ditta, la Obohsan.com (obohsan vuol dire prete), tre anni fa in una borgata di Tokyo.  La ditta invia preti buddhisti che operano in autonomia per celebrare funerali o altre funzioni, escludendo le agenzie funebri e altri intermediari.

  I prezzi, che sono almeno di un terzo più bassi della media, sono elencati chiaramente sul sito web della ditta.  Ai suoi membri è accordato uno sconto del 10 percento.

  "Diamo anche la ricevuta" dice il sig. Hayashi.

  Il sig. Hayashi sostiene che invece di divorziare ulteriormente il buddhismo giapponese dalle sue radici spirituali, la sua attività attira più gente con i suoi prezzi bassi.  Il nome postumo di più alto rango è stato venduto per $1.500, un prezzo veramente stracciato.

  "So che, originariamente, questo non fa parte del buddhismo" dice il sig. Hayashi a proposito del nome più elevato.  "Ma è un contrassegno che i nostri clienti vogliono poter scegliere.  Alcuni lo vogliono con forza, questo vuol dire che ce n'è un forte desiderio, cui dobbiamo venire incontro."

  Dopo essersi scusato per aver deviato dagli ideali buddhisti, il sig. Hayashi aggiunge che offre ai suoi clienti il nome di più alto rango accompagnato da un avviso: "In breve, che questa è un'altra cosa rispetto all'andare in un negozio di città per comprarsi, chessò, una borsa Gucci."


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