Due editoriali dal giornale thailandese in lingua inglese Bangkok Post:
Traduzione dell'originale sito in: http://www.buddhistchannel.tv/index.php?id=52,6389,0,0,1,0
Tradotto da: Alessandro Selli nel maggio 2008
Ultima revisione: 22 luglio 2009
Thailandia: Poche speranze per le
monache nella nuova proposta di
legge
di SANITSUDA EKACHAI, 8
maggio 2008
Bangkok, Thailandia --
Qualsiasi mae chi, o monaca vestita di bianco,
che creda che la nuova normativa promossa dagli anziani le conferisca
lo
status legale di membro della comunità monastica, andrà incontro ad una
grande delusione.
No, le monache non riceveranno nessuno status legale come
chierici. La
cosa è lampante nella proposta di legge sul "Sostentamento e la
protezione del buddhismo". Ancora peggio, qualsiasi libertà di
cui
adesso godono gli sarà tarpata.
Non prendetevela con le monache se si sentono tradite.
Si sa benissimo che le nostre mae chi autoctone hanno sofferto a
lungo
l'assenza di ogni sostegno nelle loro aspirazioni spirituali, essendo
state trattate soprattutto come delle inservienti nei templi.
Devono aver dato il benvenuto al cambiamento [promesso] quando
l'Ufficio
del buddhismo nazionale ha annunciato il proprio sostegno ad una legge
che avrebbe riconosciuto le monache come membri del clero e che avrebbe
sostenuto il loro lavoro di dharma.
Chi le può biasimare per il loro ottimismo? Lo stesso
Amnart Buasiri,
della Segreteria del consiglio ecclesiastico, ha detto che la legge
avrebbe reso le monache dei nak buat,
o ecclesiastici.
Ma la verità è che il disegno di legge non stabilisce che le
monache
siano ecclesiastici. Le mae chi, dice, sono praticanti laiche
buddhiste, o upasika, vestite di bianco, rasate, che osservano gli otto
precetti e vivono la vita dei senza-casa.
E nonostante il disegno di legge non riconosca le mae chi come
membri
dell'ordine monastico, ordina che le mae chi siano sotto il controllo
del clero.
Quando si arriva al punto sul sostegno finanziario del lavoro
delle mae chi, però, il clero non ne vuole sentir parlare. Nel
disegno di
legge è
scritto a chiare lettere che questo è compito del governo, non del
clero.
Vi spiegate adesso perché molte donne intraprendono la via delle
bhikkhuni [si legga in seguito, NdT]?
O perché molte preferiscono
attivarsi in opere di dharma in modo indipendente?
Prima dell'istituzione dell'Istituto delle monache, un organismo
autonomo, le monache erano sotto il controllo paralizzante del
clero, che le incatenava alle cucine dei templi, ha detto la mae chi
anziana Arun Pet-urai.
La sua richiesta di fare chiarezza sui diritti delle mae chi
nella nuova
struttura riflette non solo le analoghe preoccupazioni delle sue
simili,
ma dimostra anche come non siano state minimamente consultate.
Alla faccia della mancanza di rispetto.
È interessante notare come il disegno di legge degli anziani non
faccia
per nulla menzione dell'Istituto delle monache. Le monache, dice,
devono essere sotto il diretto controllo del clero.
È chiaro il quadro?
Il fatto che le monache ricevano un ben misero trattamento nel
disegno
di legge sul Sostentamento e la protezione del buddhismo è dovuto al
fatto che lo scopo principale del clero non è la giustizia, ma il
potere.
Dei 43 articoli solo uno riguarda le mae chi. Il pieno
controllo delle
mae chi, per l'esattezza.
Il resto è su come far pagare il governo per l'opera di
propagazione del
clero e per proteggerli da quelle che percepiscono come delle minacce,
in special modo dagli organi di informazione di massa.
Questa è una versione annacquata dello stesso disegno di legge
che era
stato respinto dall'Assemblea legislativa nazionale l'anno
scorso. Vi
ricordate la sua clausola controversa sul comportamento sessuale
illecito dei monaci che puniva solo le donne e non i monaci?
Questa clausola è stata tolta. Ma il resto è ancora altra
roba dello
stesso tenore, per quanto le sanzioni legali siano state ridotte.
Ad esempio, la punizione per gli organi di informazione di massa
che
mettano il clero sotto una cattiva luce è al massimo una detenzione di
cinque anni e/o una multa di 100.000 baht [2.000 Euro, NdT], diminuiti
dagli originali 10 anni e 500.000 baht.
Che però è molto di più della sanzione prevista dalla normativa
sulla diffamazione.
Analoghe sanzioni esemplari sono comminate a quanti sono
ritenuti
"imitare" e "distorcere" gl'insegnamenti, un chiaro avvertimento
indirizzato ai nuovi gruppi religiosi, in particolar modo al movimento
emergente delle bhikkhuni.
E per quanto i siti religiosi, le icone e i riti siano effetti
culturali
che cambiano nel tempo e variano di luogo in luogo, il clero proibisce
qualsiasi cambiamento senza la sua approvazione.
Quelli che lo fanno saranno puniti pesantemente.
Il messaggio è chiaro. Il clero è il proprietario degli
insegnamenti,
dei riti, delle icone, dei siti. Solo loro ne possono trarre i
benefici.
Ad essere precisi questo disegno di legge dovrebbe essere
chiamato
Sostentamento e protezione del clero, non del buddhismo.
Perché evidentemente questo è un caso di abuso del buddhismo per
il
potere di una cricca.
__________
Sanitsuda Ekachai è redattrice
assistente del Bangkok Post.
Segue un secondo articolo sullo stesso
tema.
Traduzione dell'originale sito in: http://www.buddhistchannel.tv/index.php?id=52,6430,0,0,1,0
Tradotto da: Alessandro Selli nel maggio 2008
Ultima revisione: 22 luglio 2009
Thailandia: il Sangha deve guardarsi
dentro
The Bangkok Post, 16 maggio
2008
Bangkok, Thailandia -- Se il
Sangha buddhista vuole recuperare la fede del pubblico deve affrontare
immediatamente il problema della diffusa condotta
reprimevole dei monaci, senza paure o favoritismi. Spingere per
l'approvazione di una legge per avere più denaro dal governo e per
scoraggiare i mezzi d'informazione di massa dal criticarli non aiuterà
il clero di una virgola nel diventare di nuovo socialmente rilevante.
L'anno scorso l'Ufficio del buddhismo nazionale, che rappresenta
il clero, ha cercato invano di convincere l'Assemblea nazionale
legislativa nominata dagli autori del colpo di stato ad approvare la
legge sul "Sostegno e la protezione del buddhismo". E quindi ci
stanno provando ancora.
Il disegno di legge si basa sull'assunto che il buddhismo
thailandese si stia indebolendo a causa del sostegno finanziario
inadeguato da parte del governo e perché mezzi d'informazione di massa
sensazionalistici espongono il clero ad una cattiva luce.
Di conseguenza il disegno di legge propone l'allestimento di un
fondo statale che finanzi la propagazione degl'insegnamenti
buddhisti. E nonostante il clero possa citare in tribunale gli
organi d'informazione forte della normativa già esistente sulla
diffamazione, stanno cercando di ottenere una protezione speciale con
punizioni più gravi per gli organi d'informazione di massa.
Forse a causa della minaccia percepita da parte dei nuovi gruppi
religiosi, la proposta di legge prevede misure punitive contro chiunque
il Sangha ritenga distorca o imiti gl'insegnamenti buddhisti ufficiali.
Ma ottenesse pure il clero quello che vuole, questa legge non
sarà d'aiuto nel recuperare la fede della gente nei confronti dei
nostri monaci, perché si basa su supposizioni e considerazioni
errate. Tanto per cominciare il buddhismo thailandese non si sta
indebolendo; questo è dimostrato dal movimento laico di meditazione che
è cresciuto tra scatti e sobbalzi nell'ultimo decennio. È il
clero buddhista thailandese che si sta indebolendo, a causa di un
sistema di governo chiuso, feudale ed estremamente autoritario.
Questo sistema chiuso e gerarchico non solo alimenta l'inerzia e la
corruzione, ma va anche contro l'esplicita intenzione del Signore
Buddha che si creasse il Sangha come una società alternativa egalitaria
e democratica dédita alla coltivazione della pratica spirituale.
Il solo modo che ha il clero per recuperare la fede del pubblico
è di attenersi al Vinaya, il codice monastico di condotta.
Quello, e solo quello.
Anche la richiesta del clero di avere più soldi dal governo
casca male, considerata la ricchezza dei templi e di molti monaci; è
una pratica diffusa che questi trattino le donazioni della gente come
fossero la loro proprietà privata. Nessuno nel clero vuole
affrontare questo problema, e sappiamo perché.
È proprio l'assenza di volontà dei monaci di seguire una vita
spirituale e quindi il rifiuto del clero di punire i monaci che
deviano [dalla disciplina] che ha causato il declino del rispetto della
gente. Non gli organi di informazione.
Anche il tentativo del clero di mostrare una parvenza di
progressismo riconoscendo legalmente [lo status de]le mae chi, o
monache vestite di bianco, in un disegno di legge è un misero
fallimento. Le monache si sentono tradite perché il disegno di
legge dell'Ufficio del buddhismo nazionale le considera ancora delle
semplici laiche buddhiste, non delle monache. Pone anche le mae
chi sotto il diretto controllo del clero senza che gli sia permesso di
dire la loro su un qualsiasi argomento. Alcune di queste monache
hanno già detto in privato che preferiscono starsene per conto proprio.
Per quanto alcuni dettagli del disegno di legge possano essere
cambiati dopo essere stati sottoposti a delle udizioni pubbliche dal
valore cosmetico, la sua essenza principale dell'avere a che fare con
il potere e il controllo difficilmente cambierà.
I monaci hanno fatto a lungo affidamento sul patrocinio statale
per proteggere il loro status quo e per sopprimere quelle che
precepivano come minacce. Il disegno di legge sul Sostegno e la
protezione del buddhismo in ciò non è diverso. Ma senza alcuna
attenzione alla ruggine che sta corrodendo il suo sistema dal di
dentro, c'è poca speranza che il clero possa recuperare la fiducia e la
fede della gente.
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