Originalmente inviato su: news:it.cultura.religioni.buddhismo
Data: 04/06/2008 13:38:12 +0200
Oggetto: Come il buddhismo spiega i disastri naturali
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Lievemente riedito.

  Una lucida riflessione su temi molto dibattuti nei circoli religiosi questi giorni, anche se sono temi antichi che sono stati dibattuti dai più grandi pensatori in tutta la storia dell'umanità.  Perché c'è il male?  Come risponde il buddhismo a questa domanda?

  Il quesito si riallaccia abbastanza bene alla domanda di Marco Z. "Dieta & Pratica": «perchè ci dedichiamo senza sforzo ad attività dannose , come mangiare senza limiti, fumare, bere , ecc. , mentre dedicarsi ad attività positive comporta sforzo ?»

  Come risponde il buddhismo?
  Non da proprio una risposta.  Si limita ad osservare che così è il mondo, che questa è la sua natura.  Stando così le cose, possiamo fare due cose: ribellarci futilmente, oppure affrontare la nostra esistenza in questo mondo con l'atteggiamento più saggio, sano, misericordioso e compassionevole possibile, per il bene nostro e di tutti gli esseri senzienti.

http://sdhammika.blogspot.com/2008/06/recent-tsunami-greatest-natural.html

Domenica 1 giugno 2008

Il kamma e i disastri naturali II


Dio, il buddhismo e lo tsunami
Il recente tsunami, il più grande disastro naturale che i viventi ricordino, ha fatto sorgere molte inquisizioni sull'anima, per non dire 'teologiche'.  La gente si sforza di spiegarsi il disastro nel contesto delle sue credenze religiose.  I giornali in lingua inglese di Singapore hanno pubblicato diversi articoli e lettere a riguardo, fin'ora solamente dal punto di vista cristiano.

  Vorrei quindi contribuire fornendo a questa discussione il punto di vista buddhista.  Il problema può essere affrontato da due prospettive, la prima è come le religioni reagiscono a disastri terribili.  In questo senso vediamo che tutte le religioni del mondo hanno molto in comune. Hindu, musulmani, cristiani, buddhisti e taoisti hanno aperto tanto il loro cuore quanto il loro portafoglio per aiutare le vittime a prescindere dalle loro affiliazioni religiose.  Buddhisti hanno aiutato musulmani, che hanno assistito cristiani, che hanno aiutato induisti.

  La seconda prospettiva del problema è come le religioni spiegano lo tsunami.  In questo c'è poco in comune tra le diverse religioni.  Nello Straits Times del primo gennaio Andy Ho ha scritto un articolo dal titolo: "Dov'era Dio quando lo tsunami è arrivato?", e il nove gennaio ha pubblicato un articolo di Tan Tarn dal titolo: "Il Male?  Assolutamente no, ecco l'inferno e l'ondata".  Entrambi gli autori sostengono che i disastri come lo tsunami mettono in dubbio la nozione dell'esistenza di un Dio benevolo.  Perciò hanno sollevato dubbi del tutto legittimi di natura morale e filosofica che sono sempre esistiti da quando la gente ha cominciato a credere in Dio.  Il 29 gennaio Edmond Chew ha scritto sullo Straits Times un tentativo di risposta ai quesiti posti da Ho e Tarn, come pure per fornire la sua spiegazione sul perché Dio avrebbe permesso che lo tsunami si verificasse.

  La risposta di Chew è semplice.  "Veramente, la ragione per cui Dio permette il male è semplicemente che se non lo facesse allora molto bene andrebbe perso."  A sostegno di questa sua opinione cita Tommaso d'Aquino: "Non ci fosse il male, non ci sarebbe Dio.  Perché non ci sarebbe il male se l'ordine della bontà fosse tolto."  E ancora: "Per cui molte buone cose scomparirebbero se Dio permettesse che non ci fosse alcun male; perché non si genererebbe alcun fuoco non si corrompesse l'aria, né sarebbe preservata la vita di un leone senza l'uccisione di un asino."

  Vorrei esaminare le tesi di Chew da un punto di vista buddhista.  La prima cosa che viene in mente leggendo la spiegazione di Chew è che sembra contraddire pesantemente l'idea di una divinità saggia, amorevole e giusta.  È vero che il male (cioè la morte, la miseria e il dolore dello tsunami) ci offrono l'opportunità di esprimere gentilezza, premura e generosità.  Ma non poteva Dio pensare di farlo in un modo meno crudele?  È giusto far soffrire una persona solo perché così un'altra abbia l'opportunità di fare del bene?  Se portiamo la tesi di Chew alle sue logiche conseguenze possiamo vedere quanti problemi crei.  Usandone la stessa logica potremmo dire che il cancro è bene perché dà ai dottori l'opportunità di guarire, che dovremmo incoraggiare i criminali a commettere reati così che ci si possa sentire dei buoni cittadini rispettosi della legge, che dovremmo fare una guerra di tanto in tanto per permettere alla diplomazia di concordare un cessate-il-fuoco.

  Il terzo problema con la spiegazione di Chew, e forse il più grave, è che relega la bontà al modesto ruolo di una mera reazione a, oppure contro, il male.  Come buddhista non ho bisogno del male per essere buono, per comprendere cosa sia la bontà o per sforzarmi di essere buono.  Il male può si a volte spingermi a fare il bene, ma la maggior parte delle volte è la bellezza e la gioia della bontà che mi spinge alla ricerca di un bene maggiore.  Non è leggendo di Hitler o Pol Pot che mi viene voglia di essere buono.  Piuttosto sono le storie del Buddha, di Gandhi o di Madre Teresa che mi ispirano verso una virtù più elevata.  In breve, non abbiamo bisogno del male per conoscere o per essere buoni, e quindi la spiegazione di Chew sul perché Dio permette che avvenga il male non è convincente.

  In un'altra lettera allo Straits Times pubblicata il 29 gennaio Anthony Yeo scrive che forse lo tsunami era "il megafono di Dio all'umanità".  Con questo intendeva che "forse Dio stava cercando di dirci che che dobbiamo prenderci cura del mondo e vivere in armonia".  Yeo potrebbe avere ragione, ma le stesse obiezioni fornite sopra valgono anche in questo caso.  Non poteva pensare una divinità amorevole ad un modo meno traumatico e distruttivo di farsi capire?  Ci si potrebbe anche chiedere se devastare una tale ampia area delle coste asiatiche sia il miglior modo di dire all'umanità che deve "prendersi cura del mondo".

  Penso che sia possibile dare un taglio netto a tutte queste tesi e spiegazioni complesse facendo due domande semplici e dirette.  "Avessi saputo che stava per succedere uno tsunami e avessi potuto fermarlo, l'avresti fatto?"  Non ho dubbi che chiunque, dotato almeno di un briciolo di umanità, avrebbe risposto "Si".  La domanda ovvia che segue questa è: "Allora perché Dio non l'ha fatto?"  Come ciascuno risponderà a questa domanda dipenderà da qual'è la sua religione o dal fatto che sia o no di una qualche religione.  Il buddhismo ha una risposta semplice, facile da capire, che molti direbbero una risposta ovvia alla domanda, che non necessita di complessi ragionamenti teologici.  E la risposta è: "perché Dio non esiste".

  E allora come spiega il buddhismo i disastri naturali come lo tsunami?  In un certo senso non ha bisogno di spiegarli!  È solo la credenza in un essere onnisciente, che ama tutti e onnipotente che obbliga a tentare di spiegare e risolvere tutte le prove che sembrano contraddire questa credenza.  Ma quando si toglie Dio di mezzo, tutto diventa molto semplice.  L'universo non si conforma ai nostri desideri o speranze.  Non gliene importa di noi e delle nostre aspirazioni.  Le placche tettoniche della terra si muovono, e a volte si muovono in tali modi da causare distruzioni.  Piove, a volte troppo, a volte non abbastanza, e così degli esseri umani devono patire.  Ci sono organismi come i batteri.  A volte si insinuano nel nostro organismo e ci fanno ammalare.  Viviamo in un universo dinamico e a volte gli eventi sono a nostro vantaggio, mentre altre volte ci danneggiano.  Così è il mondo.  Il buddhismo non si occupa di spiegare perché è così, semplicemente dichiara con buonsenso che l'universo è dukkha - a volte si scontra con i nostri sogni, quello che vogliamo e i nostri desideri.  Quello di cui il buddhismo si occupa è di insegnarci come cambiare i nostri desideri così che siamo meno esposti ad entrare in rotta di collisione con la natura del mondo, e di come rimanere calmi e sereni quando infatti entrano in contrasto con la natura del mondo.

Inviato da Shravasti Dhammika alle 1:52 PM 5 commenti



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Shravasti Dhammika

Informazioni personali

Non sono la 5ª o la 9ª reincarnazione di un grande lama, non ho ricevuto poteri o iniziazioni, non sono il custode di un lignaggio, non sono un maestro rispettato dalle folle e non ho molti discepoli.  Ciononostante, potresti trovare alcune delle mie osservazioni e riflessioni interessanti.  Sono stato monaco buddhista per 32 anni, e sono consigliere spirituale della Buddha Dhamma Mandala Society a Singapore.

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