Traduzione di Alessandro Selli dell'originale sito in: http://sdhammika.blogspot.com/2008/08//prostitution.html
Tradotto nel settembre 2008
Ultima revisione: 02 settembre 2008

Il sesso nel buddhismo VI

Domenica 17 agosto 2008

La prostituzione

  La prostituzione è la vendita del proprio corpo per scopi sessuali.  Tanto oggi come nell'antica India la gente considera la prostituzione "il più basso mezzo di sussistenza" (antimajivaka, Mil.122).  Siccome ha che vedere con il sesso e lo scambio di denaro, la prostituzione concerne tanto il terzo precetto quanto l'insegnamento del Buddha sul Retto mezzo di sussistenza (samma ajiva).  Il problema della prostituzione dev'essere considerato tenendo in considerazione sia la prostituta che il cliente.  Grosso modo possiamo dire che ci sono due tipi di prostitute: (1) quelle obbligate a prostituirsi dalla povertà o dall'assenza di strutture sociali e (2) quelle che scelgono di farlo perché lo ritengono un modo comodo e facile di fare soldi.  Il primo tipo di prostituta è chiamata meretrice (vesiya) o donna di strada (bandhakã) nelle scritture buddhiste mentre quella del secondo tipo è chiamata cortigiana (ganika o nagarasobhini).  Lo scopo della prima probabilmente è solo di sopravvivere ed è quindi kammicamente molto meno negativo della seconda, che potrebbe essere spinta dall'avidità, dalla pigrizia o da una scarsa autostima.  La prima non è volontariamente coinvolta nell'erroneo mezzo di sussistenza, ma la seconda chiaramente si.

  Che dire dei clienti?  I clienti della prostituta del primo tipo decisamente infrangono sia il primo [vedasi il primo articolo sul vegetarianismo, NdT] che il terzo precetto perché sfruttano sessualmente un'altra persona, avvantaggiandosi delle penose circostanze in cui si ritrova.  I clienti del secondo tipo potrebbero forse non infrangere il terzo precetto, ma è difficile ritenerli intenti ad un'attività destinata a procuragli benefici spirituali.  In generale la prostituzione è un'occupazione squallida e non edificante, e un buddhista onesto non dovrebbe restarne invischiato.

  Una delle sostenitrici del Buddha era una donna chiamata Ambapali, una ricca cortigiana di Vesali che ad un certo punto rinunciò al suo mestiere per diventare monaca (D.II,95).  Nelle scritture leggiamo di prostitute che facevano pagare 500 o persino 1000 monete per una notte in loro compagnia (Vin.I,268-9).

Inviato da Shravasti Dhammika alle 12:24 mattutine

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