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Data: mar 19 ago 2008 23:56:26 +0200
Oggetto: Quando l'arte [piuttosto che il sangha] sollecita la riforma
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Lievemente riedito.

  Non è la prima volta che leggo il dipartimento d'arte dell'università thailandese di Silpakorn in prima linea nella denuncia, per voce degli artisti le cui opere ospita e promuove, della «frustrazione e critica dei problemi sociali e politici, dell'ambiente e, soprattutto, della degenerazione morale della società buddhista.», com'è successo in occasione della mostra organizzata in onore di Angkarn Kalyanapong.

  Evidentemente il problema è avvertito con grande preoccupazione e disagio da un vasto numero di artisti thailandesi, solitamente il segmento della società più sensibile e attento al percepire i segnali di una decadenza che altrove i media e la società ignorano, negano o rimuovono dalla propria coscienza.

  In mio parere invece è bene insistere e rendere impossibile negare l'esistenza del problema, perché è solo portandoli alla luce che tali problemi possono guarire.  Sono felice di constatare che anche certi monaci si rendono conto di questo e non hanno timore nel dichiarare da che parte stanno.

http://sdhammika.blogspot.com/2008/07/art-calling-for-reform.html

Martedì 29 luglio 2008

Quando l'arte sollecita la riforma

Dû Phra  Lo scorso ottobre Dû Phra, il dipinto al olio sulla destra, opera del thailandese Uarthit Sembut, ha vito uno dei premi per il Giovane Artista Thailandese assegnati annualmente dalla fondazione culturale fondata dalla Siam Cement, una delle prime corporazioni del paese con forti legami con la famiglia reale.  La fondazione aveva invitato Uarthit a portare con sé la propria famiglia alla cerimonia di consegna dei premi a Bangkok; i suoi genitori erano così giunti in macchina da Chiang Rai, nel lontano nord, per presenziare.  Quando sono però arrivati alla sede hanno trovato solo una cornice vuota appesa tra le altre opere che avevano vinto un premio.  La fondazione, che si suppone fatta di cemento, era crollata di fronte alla sola possibilità che il dipinto di Uarthit potesse attirasi contro delle lamentele a causa della sua raffigurazione di monaci buddhisti che ammirano ingordamente degli amuleti.  Alcuni giorni dopo Uarthit, accompagnato da membri della Rete degli Artisti Thailandesi, è andato negli uffici della Siam Cement, ha restituito il trofeo e il denaro del premio e ha chiesto di rientrare in possesso del suo quadro.  Il Buddha ci ha insegnato a distaccarci dagli oggetti materiali e a liberarci dal desiderio.  Tuttavia la maggior parte dei monaci thailandesi trascura di insegnare il Dhamma e trascorre gran parte del suo tempo a smerciare amuleti benedetti, portafortuna e medicine da baraccone.  Il titolo del dipinto, Dû Phra, vuol dire "monaci che guardano" o, tradotto in una maniera un po' diversa, "guarda [quest]i monaci".

  La Foundazione Siam Cement aveva le sue buone ragioni di preoccuparsi delle lamentele.  Il mese prima c'era stata una zuffa decisamente profana a proposito di un'altro dipinto che metteva i monaci sotto una cattiva luce.Bhikkhu Sandan Ka  Il Bhikkhu Sandan Ka di Anupong Chanthorn, titolo che vuol dire "Monaci con le fattezze di corvi", un'espressione che l'artista dice il Buddha usò a proposito di cattivi monaci (Vinaya III, 107 ?), aveva vinto l'oro al Premio Nazionale degli Artisti 2007 ed era esposto all'Università di Silpakorn.  Questo dipinto rappresenta due monaci con dei becchi di corvo accovacciati che rovistano dentro una ciotola per le offerte piena di amuleti magici mentre dei corvi gli svolazzano intorno.  Nella cultura thailandese il corvo è un simbolo di un opportunismo dominato dall'avarizia.  Ma-nusUn precedente dipinto di Chanthorn, dal titolo Ma-nus, rappresentava dei cenciosi cani di tempio che si reincarnavano in monaci.  Non avvezzi a sentirsi criticati per i loro atteggiamenti, dozzine di monaci e una folla di laici avevano inscenato una serie di raduni di protesta per richiedere all'università l'annullamento dell'assegnazione del premio e la rimozione del dipinto dalla mostra perché ritenuto un insulto al clero.  Alcuni manifestanti avevano bruciato una fotografia di Anupong mentre i monaci cantavano una preghiera funebre.  I commenti per i canali televisivi erano giunti da un leader del movimento politico di destra Rete del Popolo per la Protezione della Nazione, della Religione e della Monarchia.  Questo gruppo politico è stato coinvolto nelle manifestazioni estive fuori del palazzo del governo dove gli estensori della bozza della nuova costituzione della Thailandia erano stati invitati ad includere un comma che dichiarasse il buddhismo la religione nazionale.  Molti monaci avevano iniziato uno sciopero della fame per dimostrare quanto questa faccenda significasse per loro.  Hanno interrotto il loro sciopero solo quando la Regina Sirikit ha detto nel suo discorso in occasione del suo compleanno che il buddhismo non dovrebbe essere usato per scopi politici.  È interessante notare come le richieste per una riforma del sangha thailandese attesa ormai da troppo tempo siano lasciate alle iniziative di semplici artisti come Sembut e Chanthorn invece di essere promosse dal Dipartimento degli Affari Religiosi, dai monaci anziani del Consiglio Ecclesiastico o dal Sangharaja; ancora un'altra prova di quanto il sangha thailandese sia ormai spiritualmente moribondo.

   "Una percentuale troppo alta dei 250.000 o 300.000 monaci del paese non osserva neanche i più rudimentali precetti dei laici buddhisti, figuriamoci le 227 regole che quelli che indossano la veste gialla dovrebbero rispettare" ha scritto il quotidiano The Nation in un editoriale a proposito della recente controversia.  "I templi buddhisti una volta erano centri di insegnamento e i monaci i guardiani della nostra eredità culturale, ma molti templi sono diventati tane di iniquità."

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Inviato da Shravasti Dhammika alle 01:17 mattutine


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