Traduzione di Alessandro Selli dell'articolo: http://www.commondreams.org/views05/0222-22.htm
Prima traduzione: 27 febbraio 2005
Ultima modifica: 14 settembre 2011


Pubblicato martedí 22 febbraio 2005 da CommonDreams.org

Quando la democrazia fallí - 2005

Le lezioni della Storia
di Thom Hartmann

Questa settimana - il 27 febbraio 2005 - ne cade il 72o anniversario, ma i media corporativi con ogni probabilità non prenderanno in considerazione l'evento. La generazione che ha vissuto queste vicende di persona è in gran parte morta e solo pochi di noi osano ascoltare le voci dei loro spiriti.

Tutto cominciò quando il governo, nel bel mezzo di una crisi economica, ricevette delle informazioni su un attacco terrorista imminente. Un ideologo straniero si era scagliato in attacchi di scarsa rilevanza contro alcuni edifici famosi, ma i mezzi d'informazione in larga misura ignorarono questi episodi relativamente modesti. I servizi segreti sapevano, tuttavia, che c'era l'effettiva possibilità che potesse prima o poi avere successo. (Gli storici stanno ancora dibattendo sulla possibilità che elementi deviati dei servizi segreti avessero aiutato il terrorista. Alcuni, come Sefton Delmer - un giornalista del londinese Daily Express - sostengono che certamente questo non successe mentre altri, come William Shirer, ritengono che fu invece così.)

Ma gli avvertimenti degli investigatori furono ignorati ai più alti livelli, in parte perché il governo era distratto da altro; l'uomo che sosteneva di essere il capo della nazione non era stato eletto da un voto di maggioranza e la maggior parte dei cittadini sosteneva che non avesse alcun diritto al potere che si arrogava.

Era solo un sempliciotto, dicevano alcuni, una caricatura d'uomo che vedeva tutto in termini di bianco-o-nero e che non aveva l'intelletto necessario per comprendere le sottigliezze insite nel governare una nazione in un mondo complesso e internazionalizzato.

Il suo uso grezzo della lingua - che rifletteva le sue radici politiche nello stato più meridionale - e la sua retorica semplicistica e spesso esaltata destavano lo sdegno dell'aristocrazia, dei capi di stato stranieri e dell'elite culturale del governo e dei mezzi d'informazione. Inoltre da ragazzo era entrato a far parte di una società segreta il cui nome evocava temi occultisti e dai riti d'iniziazione bizzarri che avevano a che fare con teschi e ossa umane.

Ciononostante egli sapeva che il terrorista stava per colpire (anche se non sapeva né dove né quando) e aveva già deciso quale sarebbe stata la sua reazione. Quando un assitente gli recò la notizia che l'edificio più prestigioso della nazione era in fiamme, verificò che fosse stato il terrorista ad aver colpito e quindi corse sulla scena e convocò una conferenza stampa.

"Voi siete adesso chiamati a testimoniare l'inizio di una grande epoca della storia," proclamò in piedi di fronte all'edificio bruciato, circondato dai cronisti dei mezzi d'informazione nazionale. "Questo incendio," disse con la voce rotta dall'emozione "è l'inizio." Usò l'occasione - che chiamò "un segno di Dio" - per dichiarare una guerra senza tregua contro il terrorismo e i suoi istigatori ideologici, un popolo, disse, le cui origini erano rintracciabili nel medio-oriente e che traeva ispirazione per i propri atti maligni nella propria religione.

Due settimane più tardi fu costruito il primo centro di detenzione per terroristi in Oranianberg perché ospitasse i primi sospetti alleati dell'infame terrorista. In un'esplosione nazionale di patriottismo si poteva trovare ovunque la bandiera nazionale, perfino stampata a piena pagina nei giornali perché potesse essere affissa alle finestre.

A quattro settimane dall'attacco terrorista il capo della nazione, divenuto d'improvviso popolare, fece approvare nuove leggi - in nome della lotta contro il terrorismo e la filosofia che l'aveva generato - che sospendevano le garanzie costituzionali di libertà di parola e di diritto alla riservatezza e che rendevano legale l'incarcerazione prima del processo. La polizia poteva adesso impossessarsi della posta privata ed ascoltare le comunicazioni telefoniche; i sospetti terroristi potevano essere imprigionati senza che fossero prima mosse contro loro accuse specifiche e senza che potessero contattare i loro avvocati; la polizia poteva irrompere nelle case private senza un mandato se l'investigazione riguardava atti di terrorismo.

Per fare approvare il suo "Decreto sulla Protezione del Popolo e della Nazione" nonostante le obiezioni e le preoccupazioni dei legislatori e degli attivisti per le libertà civili, accettò di imporre un limite di quattro anni sulla sua validità: se l'emergenza nazionale provocata dall'attacco terrorista fosse nel frattempo terminata, le libertà e i diritti sospesi sarebbero stati restituiti al popolo, mentre i corpi di polizia sarebbero tornati ad adottare le normali procedure. I legislatori dissero in seguito di non aver avuto il tempo di leggere la legge prima di votarla.

Subito dopo l'approvazione della legge antiterrorismo i suoi corpi federali di polizia dettero pronto séguito al loro programma di arresto dei sospetti, tenendoli in custodia senza che potessero contattare avvocati o che potessero difendersi di fronte ad una corte. Nel primo anno solo poche centinaia di persone furono incarcerate, e quelli che obiettavano a tali metodi furono in gran parte ignorati dai principali organi di stampa, che temevano di suscitare l'irritazione di e quindi di perdere la possibilità di avere contatti agevolati con il capo della nazione che suscitava tanta entusiasta popolarità. I cittadini che protestavano pubblicamente contro il capo - e ce n'erano tanti - si trovarono presto di fronte i nuovi corpi di polizia e le loro libertà nell'uso di manganelli, lacrimogeni e centri di detenzione, oppure si trovarono confinati in aree approvate per le manifestazioni di protesta a debita distanza dai discorsi pubblici del capo perché non potessero essere sentiti. (Nel frattempo questi stava frequentando lezioni quasi giornaliere di retorica ed imparava a controllare il tono della voce, la gestualità e le espressioni del viso. Divenne un oratore molto competente).

Nel giro di pochi mesi dopo l'attacco terrorista e su suggerimento di un suo consigliere politico, fece diventare di uso comune un termine precedentemente ignoto. Volle istigare l'"orgoglio della razza" tra i suoi concittadini, cosí, invece di utilizzare il nome della sua nazione, cominciò ad indicarla quale "Madre Patria", un vocabolo il cui uso iniziò ad esse promosso nell'introduzione al discorso del 1934 registrato nel famoso film di propaganda di Leni Riefenstahl: "Il trionfo della volontà". L'effetto sperato non si fece attendere e presto il cuore del popolo fu gonfio di orgoglio: era stato così seminato il germe della mentalità noi-contro-di-loro. La nostra terra è "la" madrepatria, pensarono i cittadini: tutte le altre sono solamente terre straniere. Noi siamo il "vero popolo", invitò tutti a pensare, i soli degni dell'attenzione della nostra nazione; se le bombe cadono sugli altri, o se i diritti umani sono violati nelle altre nazioni e questo rende migliore la nostra vita, questo non ci riguarda.

Facendo leva su questo nuovo nazionalismo implicitamente razzista e sfruttando un diverbio con la Francia riguardo il suo crescente militarismo, ritenne che qualsiasi organo internazionale che non agisse in primo luogo nello specifico e massimo interesse della sua nazione non fosse né rilevante né utile. Ritirò quindi la sua nazione dalla partecipazione alla Lega delle Nazioni nell'ottobre del 1933 e quindi negoziò un altro accordo sugli arsenali navali con Anthony Eden del Regno Unito, perché fosse creata un'elite militare a governare il mondo.

Il suo ministro per la propaganda orchestrò una campagna che lo facesse apparire al popolo come un uomo profondamente religioso, spinto da motivazioni radicate negli insegnamenti cristiani. Proclamò perfino il bisogno di una revitalizzazione della fede cristiana in tutta la nazione, progetto che chiamò "nuova cristianità". Ogni soldato arruolato nel suo esercito, i cui ranghi erano in rapido aumento, indossava una cintura sulla cui fibbia era sbalzato il motto: "Gott Mit Uns" - Dio è con noi - e la maggior parte di loro credeva fermamente in ciò.

Nel giro di un anno dall'attacco terrorista il capo della nazione ritenne che i vari corpi di polizia ed agenzie federali locali distribuiti sul territorio nazionale mancassero delle capacità di comunicazione e di un'amministrazione coordinata complessiva necessarie per avere a che fare con la minaccia terroristica che la nazione doveva affrontare, specialmente per quanto riguardava quei cittadini che erano di discendenza medio-orientale e quindi probabilmente simpatizzanti terroristi e comunisti, come pure vari "intellettuali" e "liberali" problematici. Propose un'unico nuovo ente nazionale a protezione della sicurezza della madrepatria, che consolidasse sotto una sola direzione le operazioni prima indipendenti di dozzine di corpi di polizia, della polizia di frontiera ed investigativa.

Nominò uno dei suoi collaboratori più fidati a capo del nuovo ente, l'"Ufficio Centrale di Sicurezza della Madrepatria", conferendogli un ruolo pari agli altri principali dipartimenti del governo.

Il suo assistente per i raporti con la stampa gli fece presente che, dai tempi dell'attacco terrorista, "la radio e la stampa sono a nostra completa disposizione." Le voci che ancora mettevano in dubbio la legittimità del capo della nazione o che sollevavano dubbi sul suo equivoco passato erano a questo punto stati rimossi dalla memoria del pubblico e il suo ufficio centrale per la sicurezza cominciò a pubblicizzare un programma di delazione che incoraggiasse chiunque a telefonare per fornire informazioni su vicini sospetti. Questo programma ebbe un tale successo che i nomi di alcune delle persone "denunciate" furono presto diffusi dalle stazioni radiofoniche. I denunciati erano spesso politici dell'opposizione e cronisti che avevano osato parlare apertamente - un bersaglio preferito del suo regime e dei mezzi di informazione che adesso controllava con l'intimidazione e per mezzo della proprietà [degli organi d'informazione] da parte delle corporazioni alleate.

Per l'irrobustimento del suo potere decise che il governo da solo non bastava. Si rivolse quindi all'industria con cui stipulò un'alleanza, portando ex dirigenti delle massime corporazioni nazionali a ricoprire ruoli di governo. Un fiume di denaro pubblico si riversò nei forzieri delle corporazioni per combattere la guerra contro i terroristi di discendenza medio-orientale che ancora si annidavano nella madrepatria e per prepararsi per le guerre oltremare. Incoraggiò le grandi corporazioni che sapeva amiche ad acquisire i mezzi di informazione ed altre attività industriali in tutta la nazione, in particolar modo quelle che in precedenza erano appartenute a sospetti di discendenza medio-orientale. Strinse potenti alleanze con l'industria; una corporazione alleata ottenne il contratto molto lucrativo, dal valore di milioni, per la costruzione del primo centro di detenzione su grande scala per i nemici dello stato. Presto ne seguirono altri. L'industria divenne fiorente.

Si vollero anche rendere amiche le chiese, dichiarando che la nazione aveva radici cristiane, che qualsiasi nazione che non promuovesse apertamente la religione era moralmente corrotta e che il suo governo avrebbe provveduto con generosità ed orgoglio a tutto il supporto sia morale che finanziario a favore delle iniziative atte a procurare servizi sociali distribuiti in base alla propria fede.

In questo stava recuperando il suo vecchio atteggiamento nei confronti della cristianità, come notò in un discorso del 12 aprile 1922:

«La mia sensibilità di cristiano mi mostra il mio Signore e Salvatore quale un combattente.  Mi mostra l'uomo che era prima da solo, circondato solamente da pochi seguaci [...] egli fu il più grande non come sofferente ma come combattente.
«In un amore sconfinato quale cristiano e quale uomo ho letto il brano che ci dice come il Signore alla fine si sollevò nella Sua potenza e afferrò la frusta per scacciare dal Tempio un covo di vipere e serpi [...]
«Come cristiano [...] ho il dovere di essere un combattente per la verità e per la giustizia»

Quando in seguito scampò ad un tentativo d'assassinio disse: «Ora sono completamente soddisfatto. Il fatto che io abbia lasciato il Burgerbraukeller prima del solito corrobora la consapevolezza che la Provvidenza ha l'intenzione che io sia libero di conseguire il mio scopo.»

Molte attività di governo iniziavano con una preghiera. Ogni scuola cominciava la giornata con una preghiera ed ogni scolaro ascoltava delle meraviglie del cristianesimo e - in special modo - i Dieci Comandamenti a scuola. Il capo della nazione finiva anzi spesso i suoi discorsi con una preghiera, come fece ad esempio in un discorso del 20 febbraio 1938 al parlamento:

«In un momento come questo vorrei chiedere al Signore Dio questa sola cosa: che, come ha fatto in passato, così negli anni futuri Egli faccia scendere la Sua benedizione sul nostro lavoro e sulle nostre azioni, sul nostro giudizio e sulle nostre decisioni, che Egli ci protegga da ogni falso orgoglio e da ogni codardia servile, che Egli ci conceda di trovare la retta via che la Sua Provvidenza ha preparato per il popolo tedesco, e che Egli possa sempre darci il coraggio di fare ciò che è giusto, senza mai dubitare, senza mai cedere di fronte a nessuna violenza, di fronte a qualsiasi pericolo.»

Ma dopo un breve periodo di pace che seguí l'attacco terrorista, le voci del dissenso si fecero sentire di nuovo dentro e fuori il governo. Gli studenti si organizzarono per agire contro il suo potere (in quella che fu poi chiamata la "Società della Rosa Bianca") e i governanti delle nazioni confinanti parlavano in condanna della sua retorica bellicosa. C'era bisogno di un diversivo, di qualcosa che potesse distrarre il popolo dalla rapacità delle corporazioni che cominciava ad essere denunciata nel suo stesso governo, dalle accuse sulle presunte illegalità che l'avevano portato al potere, dalla sua corruzione delle guide religiose e dalle frequenti vociferazioni degli attivisti per le libertà civili preoccupati per le persone mantenute in stato di detenzione senza il dovuto processo o la possibilità di incontrare avvocati o familiari.

Insieme al suo vice - un maestro nella manipolazione dell'informazione - inaugurò una campagna atta a convincere il popolo che una piccola, limitata campagna bellica fosse necessaria. Un'altra nazione stava ospitando molti dei sospetti medio-orientali e, per quanto il suo coinvolgimento con il terrorista che aveva incendiato il più importante edificio della nazione fosse al più tenue, disponeva di risorse che la sua nazione necessitava con urgenza per potersi garantire lo spazio vitale e mantenere la sua prosperità.

Organizzò una conferenza stampa e pronunciò un avvertimento ai capi dell'altra nazione, provocando lo sconcerto della comunità internazionale. Si arrogò il diritto di colpire preventivamente in autodifesa mentre le altre nazioni europee - in un primo momento - lo accusarono di ciò, evidenziando come tale condotta fosse stata proclamata in passato da nazioni alla conquista di un impero mondiale, come la Roma di Cesare o la Grecia di Alessandro.

Ci vollero alcuni mesi e un fervido dibattito e azioni di persuasione presso le altre nazioni europee ma, dopo essersi incontrato personalmente con il leader del Regno Unito, alla fine ottenne un accordo. Dopo che l'azione militare ebbe inizio, il primo ministro Neville Chamberlain disse al popolo britannico innervosito che l'aver garantito questa concessione sulla validità della pratica di primo attacco teorizzata da questo leader avrebbe procurato la "pace nei nostri tempi". E cosí Hitler annesse l'Austria in una manovra fulminea, sollevando un'ondata nel favore popolare come spesso riescono a fare i capi di governo in tempi di guerra. Il governo austriaco su esautorato per essere sostituito da un governo condiscendente nei confronti della Germania, mentre le corporazioni tedesche cominciarono ad impossessarsi delle risorse austriache.

In un discorso che indirizzò a quanti lo criticavano per l'invasione, Hitler disse: «certi giornali stranieri hanno detto che abbiamo occupato l'Austria con metodi brutali. Vi posso solamente dire questo: fossero anche in punto di morte queste persone non smetterebbero di mentire. Durante la mia lotta politica ho saputo conquistare un grande amore da parte del mio popolo, ma quando ho attraversato quello che era il confine [con l'Austria] mi ha accolto un tale fiume d'amore che non avevo mai sperimentato prima. Non siamo giunti come tiranni, ma come liberatori.»

Per averla vinta su quanti dissentivano con la sua politica, seguendo il suggerimento dei suoi consiglieri politicamente astuti, lui e le sue collaboratrici inaugurarono una campagna stampa che equivalesse lui e la sua politica con il patriottismo e la nazione stessa. L'unità nazionale era essenziale, dicevano, per assicurare che i terroristi e i loro finanziatori non pensassero che fossero riusciti a dividere la nazione o ad indebolirne la forza di volontà.

Piuttosto che lasciar condurre il governo ad una moltitudine di partiti in un modo pluralistico e democratico, un solo partito doveva avere il controllo totale. Imitando una tecnica già usata da Stalin, ma tanto vecchia quanto lo era Roma, il Partito usò il potere che gli conferiva la sua influenza sul governo per arrivare ad assumere tutte le funzioni proprie del governo, elargire benefici concessi dal governo e gratificare i benefattori del partito con incarichi di governo e contratti.

In tempo di guerra, dicevano, ci poteva essere solamente "un popolo, una nazione e un comandante supremo" ("Ein Volk, ein Reich, ein Fuhrer"), e cosí i suoi sostenitori presso gli organi di stampa cominciarono una campagna nazionale che accusava quanti criticavano la sua politica di attaccare la nazione stessa. Si era o con noi, o dalla parte dei terroristi.

Era una visione semplicistica, ma che dava i suoi frutti, gli diceva il suo ministro per la propaganda, Joseph Goebbels: «la tecnica di propaganda più efficace non avrà successo se non si tiene costantemente in mente un principio fondamentale: deve limitarsi a pochi punti essenziali e ripeterli in continuazione».

Quanti lo mettevano in discussione erano identificati come "antitedeschi" o "cattivi tedeschi", e si insinuava che aiutassero i nemici dello stato facendo mancare il loro necessario apporto patriottico a sostegno dei valorosi connazionali in uniforme. Questo era uno dei suoi metodi più efficaci di azzittire il dissenso e di aizzare i lavoratori salariati (dai quali proveniva la grande maggioranza dei soldati dell'esercito) contro gli "intellettuali e i liberali" che criticavano la sua politica.

Un'altra tecnica consisteva nella "manifattura di notizie", mediante l'uso di propagandisti prezzolati che si fingevano giornalisti e circuivano veri giornalisti con promesse di poter avere un colloquio privato con il capo allo scopo di ottenere versioni favorevoli dei loro resoconti, mentre ricorrevano a neanche tanto velate minacce nei confronti di quanti ne denunciavano le menzogne. Nelle parole del suo ministro per la propaganda: "è un diritto assoluto dello stato supervisionare la formazione dell'opinione pubblica."

Ciononostante, una volta che l'annessione dell'Austria fu completata velocemente e con successo e che tornò la pace, le voci dell'opposizione si sollevarono di nuovo nella madrepatria. La distribuzione quasi quotidiana di nuovi bollettini recanti informazioni di nuovi pericoli di celle terroriste comuniste non bastava per sollevare la popolazione e per placare il dissenso. Era necessaria una guerra in piena regola per dirottare l'attenzione del pubblico dai crescenti brusii nella nazione a proposito dei dissidenti scomparsi, delle violenze compiute contro i liberali, gli ebrei e i capi dei movimenti sindacali; e l'epidemia del capitalismo rapace che stava costruendo imperi di ricchezza nel settore corporativo era ormai giunto a minacciare lo stile di vita della classe media.

Un anno dopo, questa settimana, Hitler invase la Cecoslovacchia.

Nei mesi che seguirono dichiarò che la Polonia possedeva armi di distruzione di massa (gas nervino) e che dava assistenza ai terroristi contro la Germania. Quelli che espressero incredulità riguardo la reale minaccia presentata dalla Polonia furono ridotti al silenzio o scherniti come ignoranti. Le elezioni furono una frode, condotte da scagnozzi al soldo del partito. Solamente ai membri leali del Partito furono forniti i passi per essere ammessi a partecipare agli eventi pubblici insieme al capo, così che non ci potesse mai essere un solo cinegiornale che non recitasse la parte del regime, e non ci doveva essere mai alcun dubbio sul fatto che il popolo credesse che il suo capo godesse di un' ampia approvazione.

E questa approvazione infatti cresceva, mentre il metodo del ministro per la propaganda Goebbels produceva i suoi frutti:

«Se si dice una bugia grande abbastanza e la si ripetete in continuazione, la gente alla fine finirà con il crederci. La bugia può essere tenuta viva solo fintanto che lo stato può proteggere la gente dalle sue conseguenze politiche, economiche e/o militari. Diventa così di vitale importanza che lo stato usi tutta la sua forza per reprimere il dissenso, perché la verità è il nemico mortale della menzogna, e così, per induzione, la verità è il nemico mortale dello stato.»

Nel giro di pochi mesi anche la Polonia fu invasa in un attacco "difensivo preventivo". La nazione era adesso pienamente in guerra ed ogni dissenso interno era soppresso nel nome della sicurezza nazionale; era la fine del primo esperimento tedesco con la democrazia.

Mentre ci avviamo alla conclusione di questa rivista storica, ci sono alcuni punti che meritano di essere ricordati.

Il 27 febbraio 2005 è il 72º anniversario dell'attacco incendiario coronato dal successo del terrorista olandese Marinus van der Lubbe contro il parlamento tedesco (Reichstag), l'atto terroristico che legittimò Hitler e portò alla revisione della costituzione tedesca. Al tempo della felice e breve campagna per la conquista dell'Austria, nel corso della quale quasi non fu versato sangue tedesco, Hitler era il capo di stato più amato e popolare nella storia della sua nazione. Osannato in tutto il mondo, fu più tardi proclamato dalla rivista "Time magazine" quale "uomo dell'anno".

La maggior parte degli americani ricorda il suo ufficio per la sicurezza della madrepatria, dal nome Reichssicherheitshauptamt e dotato della sua SchutzStaffel, solamente con le famosissime iniziali dell'ente: le SS.

Vogliamo anche ricordarci come i tedeschi avessero sviluppato una nuova forma di guerra altamente violenta che chiamarono "guerra lampo" o blitzkrieg che, sebbene causasse perdite civili devastanti, produceva anche un effetto altamente gradito di "shock e sgomento" [shock and awe] presso i governanti della nazione assalita, almeno stando a quanto si legge nel libro "Shock And Awe", pubblicato nel 1996 dalla Stampa Universitaria della Difesa Nazionale [degli Stati Uniti].

Riflettendo su quel periodo, il dizionario americano Heritage (Houghton Mifflin Company, 1983) ci offre questa definizione della forma di governo che era divenuta la democrazia tedesca tramite la salda alleanza conclusa da Hitler tra le più grandi corporazioni tedesche e la sua politica sull'uso della religione e della guerra come strumenti per il mantenimento del potere: "fas-cismo (fa/scì/smo) – sm. Un sistema di governo che esercita una dittatura di estrema destra, tipicamente tramite il confluire in un'unica entità della conduzione di stato e mercato, accompagnato da un nazionalismo belligerante."

Oggi, presi come siamo ad affrontare una crisi finanziaria e politica, è utile ricordarci come la rovina della Grande Depressione colpì tanto la Germania quanto gli Stati Uniti. Negli anni trenta, tuttavvia, Hitler e Roosevelt scelsero strade completamente diverse per riportare le loro nazioni ad uno stato di potere e di prosperità.

La reazione tedesca fu di usare il governo per conferire della massima autorità le corporazioni e gratificare gli individui più ricchi della società, privatizzando quanto più possibile il bene pubblico, ridurre al silenzio il dissenso, privare la gente dei loro diritti costituzionali, abolire i sindacati e creare un'illusione di prosperità con l'indebitamento dello stato e spese belliche in costante espansione.

L'America approvò invece leggi sullo stipendio minimo garantito per sollevare la classe media, rinforzò l'applicazione delle leggi anti-trust per ridurre il potere delle corporazioni, aumentò le tasse a carico delle corporazioni e dei cittadini più abbienti, creò la Previdenza Pubblica [Social Security] e divenne il datore di lavoro di ultima speranza tramite programmi dedicati alla costruzione delle infrastrutture nazionali, la promozione delle arti e la riforestazione.

Nei limiti nei quali la nostra Costituzione è ancora intatta, la scelta è ancora nelle nostre mani.



Thom Hartmann (http://www.thomhartmann.com) ha vissuto e lavorato in Germania negli anni '80, è l'autore di oltre una dozzina di libri di forte tiratura che gli hanno valso il Project Censored Award [Premio Progetto Censurato] ed è l'ospite di un programma radiofonico associativo nazionale progressista. Questo articolo, in una forma leggermente diversa, è stato pubblicato per la prima volta nel 2003 da CommonDreams.org ed è ora anche un capitolo del nuovo libro di Thom "Cosa farebbe Jefferson?" [What Would Jefferson Do?], pubblicato nel 2004 da Random House/Harmony.

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